Il piacere di fare scarpetta come nel tinello di “mammà”

Il buono arriva all’improvviso, nelle forme più inaspettate. Claudio Lochiatto, con esperienze nelle cucine di Opera, di Condividere e di Spazio 7 al tempo di Alessandro Mecca, è cuoco giovane appassionato e capace. Ma soprattutto misurato. Per il suo allegro ristorante ai bordi di San Salvario ha scelto di apparecchiare la semplicità, resistendo alla tentazione del manierismo stellato e al fascino della complicazione. L’Uliveto che dà il nome al ristorante è uno di quelli assolati di Puglia e di Calabria, quest’ultima la regione di provenienza del cuoco, e il menu è coerentemente “fusion” come si evince da alcuni antipasti. Ad esempio, dalle ottime acciughe al verde accompagnate da irresistibili zeppole di patate o dalla salsiccia di Bra con la provola di Agerola fusa.

È una cucina volutamente verace, scientemente poco fine, in cui i sapori esplodono come nel tinello di mammà: nduja; polpette della tradizione; verdure in agrodolce e olive marinate fatte in casa; frittelle di melanzane. E mentre in tavola si servono i buonissimi “maccaruna” al cacio e pepe calabrese preparati con il ferro, che per chi è cresciuto ad agnolotti gobbi fanno lo stesso piacevole effetto della scoperta del cheviche, il ristorante si riempie del profumo del legno di una brace che aumenta le aspettative e accelera la salivazione.

La tagliata di angus sarebbe la scelta della pancia, ma la deontologia ci suggerisce invece di esplorare più a fondo l’anima vera di questa cucina. Il baccalà (scottato alla brace) è a ben vedere solo un pretesto per godere dell’intingolo mediterraneo che lo custodisce. Il sugo, le patate e i segreti della cucina borbottano a lungo in un vaso di coccio abbandonato sulla brace e, una volta serviti nel piatto, mormorano una parola sola come una litania ipnotica. Scarpetta, scarpetta, scarpetta. La crostata con cui si termina la cena è in linea con il resto, ottima e casalinga. Dopo il caffè sembrerebbe tutto finito, ma c’è ancora spazio per la sorpresa di un liquore artigianale fatto con il finocchietto fresco dei Monti Picentini e se avvertite allegria nelle nostre parole è perché lo stiamo bevendo ancora. Il servizio è molto cortese e molto familiare. La carta dei vini piuttosto essenziale, ma è un inizio. Il conto si attesta sui 40/45 euro.

L’Uliveto via Saluzzo 57 bis/c, Torino Tel 389 9938771

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *