Recensione Sony A9 III: velocità senza confronti per la fotocamera dei ninja

Diciamocelo subito: la Sony A9 III non è una fotocamera per tutti. Con questo corpo l'azienda ha chiaramente nel mirino i professionisti della fotografia sportiva e naturalistica, così come le agenzie che li riforniscono di materiale durante gli eventi. Ovver…

Diciamocelo subito: la Sony A9 III non è una fotocamera per tutti. Con questo corpo l’azienda ha chiaramente nel mirino i professionisti della fotografia sportiva e naturalistica, così come le agenzie che li riforniscono di materiale durante gli eventi. Ovvero quel settore Pro che nell’ormai sbiadita era delle reflex era nelle mani di Canon e Nikon. Il target di questa fotocamera si è ristretto ancora di più rispetto la generazione precedente, sia per il prezzo salito a 7000€ che per le specifiche tecniche fuori scala. Molti si aspettavano da Sony un compitino, con giusto l’inserimento delle sue ultime tecnologie, ma in realtà c’è dietro un progetto molto più completo e profondo. Pensate che la raffica, uno dei punti forti della precedente A9 II, diventa sei volte più veloce: cosa decisamente insolita per un upgrade di una singola generazione. E le novità importanti non finiscono, visto che si tratta della prima mirrorless full-frame con global shutter, rendendola anche particolarmente interessante per il settore video.

Un corpo nuovo

Uno degli aspetti che viene spesso criticato alle Sony è l’ergonomia non eccezionale. L’azienda ha sempre preferito mantenersi nel solco della propria tradizione, iniziata con la prima A7 presentata come la più piccola fotocamera full-frame con obiettivo intercambiabile nell’ormai lontano 2013. Tuttavia, le critiche dei propri utenti sono state ascoltate e, negli anni, Sony ha introdotto diverse migliorie. Prendendo in considerazione la linea base: la A7 III è risultata nettamente più comoda della A7 II, e la A7 IV ha fatto un ulteriore passo in avanti. In generale, però, c’è una forte contaminazione tra le linee dei vari modelli, e sono le linee superiori ad introdurre le migliorie più interessanti.

La A9 Mark III fa fare un ulteriore step in avanti al sistema, proprio sull’aspetto chiave dell’ergonomia. Possiamo infatti notare un’area sollevata dopo i due tasti personalizzabili in alto, che incrementa l’altezza complessiva dell’impugnatura. Questo è un aspetto molto positivo ed apprezzato, difatti è senza dubbio la migliore Sony mai prodotta in termini di presa e di comodità del corpo, ma siccome le critiche costruttive aiutano sempre a migliorare, ne ho un paio da fare.

In primo luogo, è vero che l’altezza complessiva dell’impugnatura è aumentata, ma l’area del pulsante di scatto ora scende più verso il basso. Lo fa in modo morbido, che è piacevole per raggiungerlo e premerlo, ma riduce parte di quel vantaggio in altezza e il mignolo continua a stare un po’ dentro e un po’ fuori l’impugnatura. Almeno per chi ha mani grandi. La seconda questione è più una domanda: siamo sicuri che non fosse il caso di realizzare finalmente un corpo con impugnatura verticale integrata?

Capisco che può essere una strada un po’ scontata e forse non nelle corde di Sony, ma c’è un motivo se i corpi più usati dagli stessi professionisti che sono nel target della A9 III hanno sempre avuto il battery grip integrato. Sia per l’autonomia che per la migliore presa quando si usano obiettivi lunghi e pesanti. Poi, certo, è vero che su quelli più impegnativi il punto di collegamento ad un monopiede o treppiede si sposta proprio sugli anelli degli obiettivi, ma avere il battery grip integrato è comunque più comodo anche per gli scatti verticali.

Sony ne ha dovuto realizzare uno nuovo per la A9 III per via delle leggere differenze dell’impugnatura, ma rimane un po’ scomodo avere un pezzo un più, anche perché la somma del corpo più battery grip diventa più grande e pesante di un corpo che lo integra (dove 3cm in più bastano a contenere tutto). Temo, tuttavia, di essere tra i pochi a ragionarla in questi termini, perché Sony ha lavorato molto con le agenzie di fotografi per la A9 III e immagino che se tutti avessero spinto nella mia stessa direzione oggi avremmo un corpo diverso.

Comunque, il nuovo battery grip si connette sempre con una sorta di dummy battery che si inserisce nel vano rimuovendo lo sportellino e consente di contenere due batterie. Una soluzione molto diffusa, in uso anche nelle precedenti Sony, che trovo leggermente inferiore rispetto alla comunicazione con pin dedicati sotto il corpo della fotocamera, sia per la complessità d’installazione che per il fatto che si perde una possibile batteria in più. Da questo punto di vista la soluzione usata solitamente dalle Panasonic-Lumix è superiore.

Il nuovo battery grip (a destra) è più largo e non compatibile con le precedenti fotocamere

Dimensioni a parte, ci sono tante altre novità nel corpo della A9 III. Si può notare che i pulsanti hanno un feedback più preciso, in particolare C1 e C2 nella parte alta, e che se n’è aggiunto uno nuovo nella parte frontale (C5), comodissimo da raggiungere con il dito medio anche mentre si scatta e senza guardare.

Altro miglioramento minore, ma con un grande valore aggiunto, è che ora tutte le rotelle dei parametri hanno un avanzamento con scatti percepibili e precisi. Oltre ad emettere un più chiaro e udibile “clic”, trasmettono il cambiamento anche sotto i guanti, mentre nelle precedenti sono più morbidi e sordi. Sembra cosa da poco, ma è tutta un’altra esperienza e si riesce ad essere più precisi.

La serie A9, come la A1, si distingue nettamente dalle A7 per la presenza a sinistra di una torretta con modalità di messa a fuoco e metodo di avanzamento. Qui Sony ha fatto una modifica interessante, introducendo anche la posizione identificata da un asterisco (*). Posizionandosi qui, si delega l’impostazione al software, offrendo la possibilità di modificarla dal menu. Inoltre, hanno aggiunto l’interessante possibilità di portare in alto il frame rate temporaneamente tenendo premuto il pulsante C5 durante lo scatto. Ovviamente questo vale con le impostazioni di default: essendo un tasto personalizzabile l’utente può usarlo come meglio crede.

Il telaio è in lega di magnesio, per risultare leggera e robusta, e il corpo è ricco di guarnizioni così da resistere in modo eccellente a polvere e umidità. Una qualità migliorata rispetto al passato grazie all’introduzione di gomma siliconica intorno ai tasti, sull’attacco dell’obiettivo e sul gruppo ottico del mirino.

Menu e funzioni

Una cosa tipica di Sony è che quando introduce una novità in un corpo tende a riproporla in tutti quelli successivi. In questo senso, la A9 III si può intendere come una delle più complete tra le sue fotocamere. Ad esempio:

  • nei menù c’è la main page, divisa in due sezioni, con il riepilogo delle impostazioni attive
  • sul display si possono toccare e modificare con il touch i parametri di tempo, apertura, ISO (e in video anche bilanciamento del bianco)
  • effettuando uno swipe laterale appaiono delle icone con funzioni aggiuntive (in video c’è anche il rec per evitare di scuotere troppo la camera)
  • in video c’è l’opzione diretta per il profilo flat con il flexible-ISO già visto sulla linea cinema
  • compensazione focus breathing
  • focus map

Ci sono anche delle funzionalità ereditate dalla famiglia ZV, in particolare dalla ZV-E1, come:

  • stabilizzazione “Dinamico attivo” (che non va solo in 4K 100/120p)
  • self-timer per il video
  • auto inquadratura

Non mancano delle novità tutte sue, come la possibilità di gestire l’uscita video via USB-C fino al 4K 25/30p, mentre le precedenti erano limitate al Full HD.

Display e mirino

Così come per le funzioni, anche le specifiche base del display e del mirino sono ereditate dalle ultime top di gamma della casa. In particolare, lo schermo è lo stesso da 3,2″ con 2,1 milioni di punti della A7R V, con quel meccanismo a doppia cerniera che è un po’ la soluzione definitiva per l’articolazione. Va solo sopra e sotto tenendolo chiuso, ma si può anche aprire di lato per un ribaltamento completo. Ed è anche molto solido,

Il mirino è un pannello OLED da 9,4 milioni di punto con un ingrandimento dello 0,90x, così grande e preciso da non affaticare mai. A differenza della A7R V, però, questo non scende di risoluzione anche scattando ad alti frame rate. Inoltre, si mantiene la caratteristica funzione blackout-free, per cui si scatta senza mai passare al nero: si vede solo una leggera cornice al centro che notifica la cattura.

Global shutter

Per quanto ci siano diverse novità importanti nella A9 III, quella che rappresenta il suo fiore all’occhiello è l’introduzione del global shutter. Il nuovo sensore full-frame da 24,6 MP consente la lettura integrale dell’immagine in un unico passaggio, mentre nel tradizionale rolling shutter questa avviene per righe. Per quanto alcune fotocamere top di gamma recenti abbiano ridotto sensibilmente la velocità di lettura, finché questa avverrà in modo progressivo si presenteranno sempre alcuni difetti. Mi riferisco ad esempio al jello effect, sia durante i panning che per i soggetti in rapido movimento orizzontale, o al flickering, che si può presentare con bande più chiare e più scure sull’immagine in presenza di luce artificiale che abbia una frequenza di aggiornamento che non si sovrappone correttamente alla velocità dell’otturatore.

Altri limiti del rolling shutter si presentano con i flash, sia quelli controllati direttamente dalla nostra fotocamera che quelli eventualmente usati da altri fotografi nello stesso ambiente. Questo perché, durante la lettura progressiva, l’illuminazione può non essere coerente dall’inizio alla fine, mostrando un fotogramma con due diverse esposizioni.

Grazie al global shutter, con la Sony A9 III i fotografi possono dire addio a questi problemi, poiché la lettura contemporanea di tutti i pixel mostrerà sempre un’illuminazione coerente e soggetti non deformati. Ci sono, tuttavia, delle precisazioni da fare. Per quanto riguarda il flickering, ad esempio, questo si presenterà lo stesso con le sorgenti di luce che cozzano con la velocità dell’otturatore, ma non in forma di banding. Dal momento che l’immagine viene letta in blocco, ciò che può succedere nelle raffiche (come nel video) è che ci siano fotogrammi più o meno luminosi. Per questo il menu anti-flicker rimane comunque nella A9 III e consente di far partire lo scatto delle raffiche solo quando la luminosità è di pari livello.

Altra cosa importante da approfondire riguarda la tecnologia del sensore, perché il sistema global shutter ha una costruzione diversa e non consente di catturare la stessa quantità di luce di quelli tradizionalmente usati da Sony. Non a caso, nella A9 III la sensibilità base è di ISO 250, mentre nella A9 II era di 100. Inoltre, anche quella massima si ferma a 25600 e non a 51200. Ovviamente parlo dei valori standard, perché si possono espandere a 125-51200 ma perdendo gamma dinamica.

Un vantaggio importante è che, con il global shutter, la A9 III può consentire la sincronizzazione con i flash fino ad un massimo teorico di 1/80.000, cosa che offre moltissima flessibilità. Tuttavia, bisogna capire cosa questo comporta anche in correlazione dell’ISO base di 250. Prima di tutto, sarà più difficile mantenere scure le aree non colpite direttamente dal flash, richiedendo tendenzialmente più spesso l’utilizzo di filtri ND per compensare. In teoria sarebbe possibile farlo salendo con la velocità dell’otturatore, visto che non abbiamo i classici limiti del rolling shutter, ma anche qui c’è una considerazione da fare. Difatti, anche se possiamo effettivamente scattare con tempi molto più rapidi del solito, non è detto che tutti i flash abbiano la potenza per emettere un lampo di sufficiente entità nel breve lasso di tempo stabilito. Quindi è facile che si debbano fare un po’ di prove prima di ottenere il bilanciamento desiderato tra la luminosità dello sfondo e del soggetto.

Pur non essendo necessario un otturatore, visto che la fotocamera scatta utilizzando quello elettronico, è presente una tendina che è possibile attivare dal menu affinché copra il sensore durante il cambio degli obiettivi (a fotocamera spenta).

Messa a fuoco

Per la mia personale esperienza, l’autofocus di Sony è attualmente il migliore su piazza. Questo non vuol dire che non ce ne siano altri validissimi e affidabili, come quello di Canon, ma il livello raggiunto da Sony è incredibilmente alto. Ogni nuova fotocamera migliora le prestazioni generali nel “comprendere” gli elementi da tracciare con precisione e aggiunge nuove ed utili funzionalità. La A9 III è l’ultima uscita e, come tale, rappresenta la summa di tutte le migliori qualità viste finora in casa Sony. Inoltre, l’assenza di blackout durante gli scatti consente al fotografo di mantenere sempre l’occhio sul soggetto a fuoco.

La fotocamera offre la possibilità di inseguire:

  • persone, con analisi dell’intero corpo, del viso e degli occhi, rilevati senza problemi anche con occhiali da sole
  • animali, come cani o gatti, dove si parte del corpo e, quando più vicini, identifica testa e occhi
  • uccelli, anche qui con priorità sugli occhi e successivamente sul corpo
  • insetti, per soggetti di piccola taglia
  • auto, dove anche i caschi dei piloti vengono riconosciuti
  • treni e aerei

Inoltre, esiste l’utile impostazione animali/uccelli che passa automaticamente dall’una all’altra categoria riconoscendo i soggetti. Con i suoi 759 punti a rilevamento di fase e una copertura del fotogramma del 95,6%, non c’è davvero nulla che sfugga alla messa a fuoco della Sony A9 III.

Volendo lavorare con fuoco manuale abbiamo il tradizionale focus peaking, ma anche il più interessante focus map, che evidenzia con colori diversi le aree a fuoco e fuori fuoco.

Velocità, velocità, velocità

Grazie all’accoppiata del nuovo sensore con global shutter e del processore BIONZ XR, la Sony A9 III riesce a scattare a 120 fps in RAW senza oscuramento dell’immagine e con AF/AE continuo. Ovviamente richiede che l’otturatore sia sufficientemente veloce (almeno 1/160) e la messa a fuoco continua funziona solo con gli obiettivi più recenti. Sul sito si trova un elenco delle lenti supportate, io l’ho provata con il 24-70 GM II e con il 70-200 GM II che supportano questa funzionalità con l’ultimo aggiornamento firmware rilasciato. Si tratta comunque di un primato per la categoria, difatti abbiamo visto la stessa velocità sulle Micro Quattro Terzi OM-1 e OM-1 Mark II, ma senza AF-C, e ci arrivano anche Z8 e Z9, ma solo con JPG ridotto a 11MP.

Va detto che 120 fotogrammi al secondo sono veramente tanti e sono in pochi a poter giovare di una tale caratteristica. Per questo la A9 III è indicata specialmente per chi segue eventi sportivi o fa fotografia naturalistica, dove la ricerca del momento perfetto è particolarmente difficile e gli eventi importanti passano rapidamente senza potersi ripetere.

In tale ottica, la fotocamera aggiunge anche un’altra importantissima funzione, ovvero la pre-acquisizione. Questa si può attivare nel modo di avanzamento, con un anticipo che va da 0,005 secondi a 1 secondo, iniziando a catturare immagini quando abbiamo il pulsante di scatto a metà corsa o premiamo quello AF. Ciò consente di compensare il nostro tempo di reazione e di aumentare la possibilità di catturare quel singolo momento fugace.

La Sony A9 III ha due slot multi formato, che supportano sia SD UHS-II che CFexpress A. Naturalmente, con le prime non si possono sfruttare le modalità più veloci in RAW, per cui è fortemente consigliato utilizzare sempre le seconde. Io ho effettuato i test con il modello Sony Tough serie G, che ha una velocità di scrittura di 700MB/s. Il buffer della fotocamera è importante, e scattando con le modalità inferiori a 120 fps va avanti per diversi secondi. Portandola invece al massimo, cattura 192 immagini RAW a 120fps e in JPG oltre 1000.

Qualità d’immagine

Come già anticipato, il nuovo sensore multistrato sviluppato da Sony per il sistema global shutter, ha un’elettronica tale da ridurre la quantità di luce catturata. Per questo motivo, l’ISO base della A9 III non è il classico 100, bensì 250. La velocità dell’otturatore elettronico che arriva a 1/80.000 offre nella maggior parte dei casi la possibilità di compensare questo aumento di sensibilità, ma è interessante analizzarne la resa.

La quantità di rumore a ISO 250 è leggermente superiore rispetto a quella che si vede a ISO 100 su altri modelli recenti, come ad esempio la A7R V, ma non è ovviamente troppo. Diciamo che si può scattare piuttosto tranquillamente fino a ISO 2000, poi peggiora un po’ fino ad un ISO 5000 che non è proprio il massimo guardando il RAW, ma l’elaborazione del JPG è molto valida anche a ISO 6400, dove si può anche girare video con ottimi risultati.

Per quanto riguarda la gamma dinamica, come per la sensibilità, la Sony A9 III è leggermente inferiore ai modelli top di gamma attuali della casa, soprattutto nella possibilità di recupero delle alte luci. In situazioni critiche conviene sicuramente sottoesporre un minimo per preservare meglio le aree che potrebbero andare in clipping. Comunque ho verificato che a ISO 2000 si riescono a recuperare circa 1,5 stop dalle aree sovraesposte, quindi non è assolutamente male. Probabilmente in termini di rumore e gamma dinamica si avvicina più al sensore della APS-C A6700 (recensione), cosa che rappresenta forse l’unico trade off del global shutter.

Video

Fin qui ho evidenziato i vantaggi del global shutter rispetto al rolling shutter in ambito foto, ma c’è un altro aspetto davvero importante da considerare: il video. Le cinema camera professionali usano tendenzialmente il global shutter proprio per evitare l’effetto gelatina o il flickering, ma finora non si era mai visto in una fotocamera mirrorless. Certo, parliamo di un modello molto costoso, ma le cinema camera possono esserlo anche molto di più, sono tendenzialmente più grandi e non sono adatte a fare foto.

Dato che il sensore ha 24MP, la Sony A9 III non può offrire l’8K come Sony A1 o A7R V, ma, grazie alle sue elevatissime prestazioni in lettura, arriva ad un 4K 100/120p senza crop. Forse ancora più interessante è il 4K 50/60p dove si effettua l’oversampling dell’intero sensore, quindi oltre all’assenza di crop migliora anche il dettaglio. Con la modalità Slow&Quick selezionata sulla ghiera sotto quella dei modi, si può scegliere di far partire un time lapse oppure una ripresa in slow motion.

La qualità di registrazione prevede ovviamente il 4:2:2 a 10-bit, ma anche il 4:2:0 10-bit e il 4:2:0 8-bit, a seconda delle impostazioni preferite. Inoltre, tramite l’uscita video HDMI è possibile registrare in RAW a 16-bit.

Nel video si mettono a frutto molte delle migliori caratteristiche della Sony A9 III, a partire ovviamente dal global shutter. Poi c’è l’ottimo autofocus che aiuta davvero tanto se non si lavora in manuale, dove per altro ci si trova bene tra focus peaking e focus map. La stabilizzazione sul sensore offre una compensazione di 8 step, ma qui Sony ha introdotto anche la stabilizzazione dinamica già vista nella ZV-E1. Si tratta di un livello in più e con migliore efficacia (circa +30%) rispetto la tradizionale stabilizzazione attiva (che rimane presente) e che rende più o meno come quella che si ottiene con le altre fotocamere Sony passando i file tramite il software Catalyst Browse al computer. E questa è una cosa che mi è piaciuta molto visto che semplifica il processo di lavoro.

Ovviamente abbiamo la più recente color science di Sony e tra i Picture Profile è presente la possibilità di usare S-Cinetone per ottenere un look cinematografico con pochissima post-produzione ed una facile impostazione della fotocamera. Infatti, con questo profilo non servirà una LUT molto spinta o una conversione della gamma in pre-visualizzazione per avere una anteprima fedele dei risultati. Attivando il Picture Profile la sensibilità base sarà però di 320 ISO.

C’è poi anche la possibilità di attivare la modalità S-Log3 in modo diretto dal menu principale con l’ISO flessibile, cosa vista sulle cinema camera FX3 e FX30, con la gestione di LUT personalizzate in camera. LUT che possono essere usate per la pre-visualizzazione a schermo e anche salvate nei metadata per una applicazione in post-produzione. Con S-Log3 la sensibilità base sale a 2000 ISO.

Ovviamente non c’è un limite di tempo per la registrazione video, ma la fotocamera non possiede ventole, quindi c’è la possibilità che possa riscaldarsi molto. Attivando dai menu la modalità alta temperatura si riesce comunque a registrare per molto tempo, sostanzialmente fino a scaricare completamente una batteria (circa 140 minuti) in ambiente a 22 gradi. Bisognerà vedere in piena estate il suo comportamento, ma non sembra che questo possa rappresentare un reale problema.

Connessioni

La Sony A9 III dispone ovviamente della slitta multi-interface, con la quale si possono collegare microfoni nativi senza il cavo da 3,5mm. Sulla stessa è anche possibile utilizzare l’adattatore XLR-K3M e gestire fino a 4 canali audio per traccia.

Le porte si trovano tutte sulla sinistra, ad iniziare dall’ingresso microfonico in alto che non urta con il display quando viene ruotato verso l’esterno. Sotto si trova l’uscita audio da 3,5mm in uno sportellino dedicato. In un altro trovano posto una microUSB e una USB-C da 5Gb/s. Tramite quest’ultima è supportata la ricarica continua, il tethering per lo scatto remoto e l’uso come webcam per il computer fino al 4K 25/30p. Della microUSB avrei fatto volentieri a meno in favore di una seconda USB-C.

Su una fila più avanzata troviamo la porta Ethernet e sullo sportellino inferiore l’uscita HDMI full size (tipo A) e il flash sync. Una dotazione davvero completa sul fronte fisico a cui si aggiungono il Bluetooth per il collegamento allo smartphone e il Wi-Fi ac (con antenne MIMO 2×2) per trasferire dati a 5GHz via FTP. Avesse avuto anche il GPS sarebbe stato il top assoluto, ma a quanto pare è una caratteristica sparita dalle fotocamere e per geottagarle serve il collegamento allo smartphone attivo.

Conclusione

La Sony A9 III è la fotocamera dei record. Un corpo macchina che stabilisce nuove vette per il settore in termini di velocità di scatto e per il global shutter. È l’ennesima dichiarazione di potenza che l’azienda mette sul tavolo, svettando al di sopra delle concorrenti. Come detto fin da principio, non è una fotocamera per tutti, ma si rivolge ad un target ben preciso di cui io stesso non faccio parte. Per questo anche testarla in modo opportuno è stato un po’ complesso per me. Tuttavia, spero di aver evidenziato in modo opportuno i suoi punti di forza e anche qualche possibile debolezza, in particolare dovuta all’ISO base di 250. Si tratta comunque di un piccolo scotto da pagare, perché se si ha davvero la necessità di catturare i momenti più fugaci nello sport e nella naturalistica, i 120fps con anche l’acquisizione anticipata possono fare la differenza tra una foto persa ed una portata a casa in modo perfetto.

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