La pagella del Mereghetti L’avventura epica di Chalamet in un’atmosfera messianica

Con «Dune – Parte Due» Denis Villeneuve riprende la storia lasciata in sospeso tre anni fa e porta a compimento (trionfalmente) gli avvenimenti raccontati nella seconda e terza parte del primo volume della saga scritta da Frank Herbert

di Paolo Mereghetti

Con Dune – Parte Due Denis Villeneuve riprende la storia lasciata in sospeso tre anni fa e porta a compimento (trionfalmente) gli avvenimenti raccontati nella seconda e terza parte del primo volume della saga scritta da Frank Herbert

La fantascienza senza scienza: questa la scommessa — adulta e vinta — di Denis Villeneuve con Dune – Parte Due, dove riprende la storia lasciata in sospeso tre anni fa e porta a compimento (trionfalmente) gli avvenimenti raccontati nella seconda e terza parte (Muad’dib e Il profeta) del primo volume della saga scritta da Frank Herbert. Con qualche libert narrativa (lo diciamo per i puristi) ma con un’ambizione epica che accentua il lato messianico attraverso un percorso di espiazione e ricerca spirituale che i super-eroi alla moda avevano praticamente cancellato.

Pi vecchio di tre anni e pi maturo espressivamente (e per questo pi convincente per il suo personaggio), Timothe Chalamet Paul Atreides, ormai pienamente accettato dal popolo dei Fremen guidati da Stilgar (Javier Bardem) e sempre pi conquistato da Chani (Zendaya). Sul pianeta Arrakis, ricco della spezia che d facolt preveggenti, lui pensa solo a combattere le truppe del Barone Harkonnen (Stellan Skarsgrd, nascosto dietro le forme obese di un ributtante lumacone) ma la madre Jessica (Rebecca Ferguson) gli fa capire che il suo destino ben pi grande e impegnativo perch potrebbe essere lui il profeta che il popolo del deserto aspetta per essere guidato al proprio riscatto.

Naturalmente la repressione contro i ribelli non ha un momento di tregua, ma le abilit guerriere dei Fremen (e di Paul) mettono in crisi le strategie di Beast Rabban (Dave Bautista) tanto da far arrivare su Arrakis l’imperatore (Christopher Walken) e spingere cos il Barone a eliminare Rabban e sostituirlo con il pi infido e crudele Feyd-Rautha (Austin Butler, praticamente irriconoscibile). Mentre Paul ritrova come alleato il maestro d’armi Gurney Halleck (Josh Brolin) che adesso si arrangia come contrabbandiere di spezie.

Siamo sempre ai buoni contro i cattivi insomma, ma raccontati con uno spirito nuovo, dove gli effetti speciali (che pure ci sono) passano in secondo piano rispetto al fascino di un’atmosfera che fai fatica a definire: medioevalistica? ecologista? messianica? Probabilmente la scelta vincente di Villeneuve stata proprio quella di non voler semplificare la complessit creata da Herbert ma di accentuarne le tante contraddizioni o comunque le ambiguit di un trascendentalismo che oggi ritrova forza nel confronto con una scienza (e una tecnologia) troppo invasiva.

L’intelligenza artificiale stata bandita dal mondo di Dune dove sembra pi letale una tempesta di Coriolis che gli ultimi ritrovati bellici: non ci sono spade laser o macchine volanti, solo imponenti fabbriche semoventi che non vogliono nascondere la loro incombente mostruosit e la loro missione distruttrice e desertificante. Senza preoccuparsi della durata (166 minuti), la regia gioca con i contrasti cromatici — un arancio polveroso per gli esterni, inquietanti chiaroscuri per gli interni, che il direttore della fotografia Greig Fraser padroneggia magistralmente — per restituire l’ambiguit metafisica di una storia che assomiglia sempre di pi a un percorso di sacrificio e di rinuncia.

Paul non pi padrone di s, deve seguire una chiamata che gli chieder dolorose rinunce personali in nome di un superiore bene comune (e che i lettori di Herbert conoscono bene). Villeneuve chiede allo spettatore di abbandonarsi al flusso delle immagini per essere catturato da quell’atmosfera vagamente metafisica e ambiguamente inquietante che sembra voler gettare un ponte tra quello che si vede sullo schermo e quello che si agita nella memoria e nell’immaginazione dello spettatore.

Perch Paul pu essere visto come un nuovo Messia e come un terrorista jihadista, l’artefice di una nuova realpolitik o il paladino delle illusioni, vincitore e sconfitto insieme. Per questo parlavo di fantascienza senza scienza (e senza neppure fantasy, naturalmente) perch la scommessa del film si gioca proprio nell’intrecciare le sue mille suggestioni raccontando di un mondo dove l’umanit in perenne stato di conflitto e la tragedia non ha nemmeno la speranza di una catarsi.

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25 febbraio 2024 (modifica il 26 febbraio 2024 | 10:02)

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