La collezione Autunno-Inverno 2024 di Ferragamo rilegge l’estetica degli anni Venti, che Maximilian Davis, direttore creativo del marchio fiorentino dal 2022, scandaglia in profondità per reinterpretare i codici di un’epoca di forte emancipazione in cui gli abiti hanno rappresentato un modo per celebrare la libertà. “Tendo sempre a semplificare le cose. Amo attingere dalla storia per poi distillarla, ripulirla e renderla più moderna” dice il direttore creativo a pochi minuti dall’inizio della sfilata. Per la collezione Autunno/Inverno 24-25, Davis esplora gli anni ruggenti del Novecento e ne rilegge i codici visivi celebrandone l’estetica alla luce di una nuova contemporaneità. Per farlo lo stilista lavora su due binari paralleli: il concetto di libertà e quello di protezione. “Quell’espressione di libertà è sempre stata nella mia educazione, è parte di me e di Ferragamo” dice, “Negli anni Venti, le persone amavano ritrovarsi in luoghi clandestini. Nascondevano ciò che indossavano finché non si sentivano al sicuro”. Due spinte forti si individuano nella collezione: da una parte l’estrema sensualità, fatta di trasparenze, abiti che scoprono la schiena e ricami di paillette, e dall’altra la rigidità di un’estetica che cita le donne che negli anni Venti scelsero di vestirsi con abiti maschili come Greta Garbo. La collezione celebra una libertà vestimentaria molto glamour fatta di piume e di frange. Le prime diventano dettaglio prezioso sulle scarpe o impreziosiscono le scollature degli abiti a sottoveste in organza laccata, mentre le seconde fuoriescono dai lunghi cappotti o fanno capolino su top e vestiti corti, mentre l’idea di protezione viene accentuata dalle giacche a doppiopetto abbinate agli shorts, dalle camicie e pantaloni che ricordano le uniformi, dai maglioni in lana spessa e dalle cappe avvolgenti, capo iconico di Ferragamo. Decolleté in piume e stivali in gomma alla coscia, presi a prestito dal mondo della pesca fanno da contrappunto alla fluidità dei drappeggi. L’eccellenza artigianale della casa di moda fiorentina si mostra nella sua massima espressione nelle 950 tessere di pelle laminata interamente applicate a mano per 19 ore, che ricordano le squame di una sirena e divengono un miniabito couture. Rosse, brillanti, scaglionate per diventare quasi un’armatura, un’arma di seduzione che enfatizza ancora di più il senso di protezione che Maximilian Davis ha voluto ripescare dagli anni Venti.
Tutt’altra atmosfera invece da Eleventy, dove i colori chiari e la morbidezza dei materiali avvolgono lo sguardo in un caldo abbraccio. Il brand fondato nel 2007 da Marco Baldassari e Paolo Zuntini prosegue la sua missione di creare capi “classici di nuova generazione”, con una collezione per l’Autunno/Inverno 24-25 che si distingue per l’introduzione di lavorazioni e materiali inediti. Come la lana di lama, una scelta audace che conferisce ai cappotti una morbidezza e una leggerezza senza precedenti. E sono leggerissime ma incredibilmente calde anche le giacche di shearling rasato, a conferma di come lo sforzo per un’attenta selezione e ricerca di materiali innovativi e confortevoli dia sempre nuovi risultati. Come nella nuova linea neve, dove la tuta da sci in piuma si arricchisce di inserti in montone per un mix di stile e funzionalità. Tutte le pellicce utilizzate provengono da catene alimentari, garantendo così il rispetto dell’ambiente e degli animali, e accanto all’attenzione per la sostenibilità ambientale c’è anche quella a livello sociale: i cappotti in lana 14 micron, ad esempio, sono fatti a mano da artigiani in Sicilia, con l’impegno del marchio per valorizzare le tradizioni artigianali italiane. E poi ancora, maglie dove si intrecciano paillettes e lurex con filati preziosi, creando un effetto luminoso e sofisticato che caratterizza molti capi della collezione. Quella di Eleventy è una donna ricercata e sofisticata, che riflette le esigenze di una precisa fetta di mercato: il brand conta di chiudere il 2024 con un fatturato di 90 milioni, rispetto ai 65 dell’anno precedente.
Atmosfere preziose anche da Rodo: lo storico brand calzaturiero toscano ha presentato la sua nuova collezione all’Hotel Casa Baglioni, in una suite con terrazza panoramica su Milano. Il focus per il prossimo inverno è sul tacco, che si fa dettaglio di stile di stivaletti e décolleté: c’è quello con il simbolo dell’infinito in finto legno, quello a cono dorato e quello gioiello per la sera. E poi ancora, cristalli e fili di perle su clutch e scarpe coordinate per le occasioni o semplicemente per dare un twist ad una grigia giornata di pioggia; e un tocco di animalier che non guasta mai.
Quando si fa ormai l’ora di pranzo, ci mettiamo in macchina e raggiungiamo il Circolino del Pane di Davide Longoni, storico panificio milanese. È qui che, con un azzeccatissimo parallelismo tra pane e moda, il giovane designer bolognese Dennj presenta la nuova collezione del suo marchio omonimo. Un luogo ideato per l’incontro, la condivisione e la ricerca intorno alla cultura del pane e al suo intreccio con il design e non solo: “Come il pane ha bisogno di tempo per lievitare, allo stesso modo anche la moda ha bisogno di tempo per essere creata. E poi la cucina fa parte della mia storia, così come gli abiti”, ci dice introducendoci all’esperienza di degustazione che ha preparato per i suoi ospiti. Tre assaggi di tre diversi tipi di pane, ognuno dei quali rimanda ad uno dei tessuti chiave di questa sua collezione: il croccante pane abruzzese è la lana cotta, il morbido pane in cassetta è la seta e, dulcis in fundo, il tradizionale pane con le uvette milanese ricorda il pattern a cerchi. Per Dennj, l’artisticità è la forza trainante di ogni creazione. La sua continua ricerca di design senza tempo e di qualità artigianale è alimentata dall’ispirazione proveniente dall’arte e dai capi vintage, che lui costantemente studia e reinterpreta. Questa dedizione si traduce in capi unici nel senso letterale del termine, realizzati con materiali che ha recuperato nelle fabbriche del comasco chiuse o scomponendo abiti vintage. L’ispirazione per questa stagione arriva dalle origini: foto, immagini e ritratti della quotidianità della provincia bolognese degli anni Settanta, un’epoca passata in cui i difetti diventavano dettagli e l’imperfezione si trasformava in preziosità. La modellistica è minimale, con un’attenzione particolare alla funzionalità: “Ci tengo che i miei capi possano integrarsi con il guardaroba di ognuno e poter essere indossati in modi diversi, a seconda dello stile di ognuno”. Una bella scoperta di questa Fashion Week.
Dulcis in fundo, a chiudere la nostra giornata c’è Elisabetta Franchi. Ispirazione college invece per la stilista bolognese, che per la collezione Autunno/Inverno 24-25 decide di trasformare la scuola militare di Via san Luca a Milano in una libreria. Tra scaffali pieni di volumi, la stilista si cimenta nel reinterpretare l’uniforme rendendola contemporanea e sexy. Uniforme che accomuna, ma anche che divide in club gli studenti di un immaginario college britannico. Ci sono studentesse con le minigonne a vita bassa tartan a pieghe, ma anche quelle che mixano abiti da sera e anfibi. Per passare dalle silenziose aule di studio dell’Istituto alle feste studentesche senza perdere nemmeno un secondo. Le maglie, le camicie, le giacche, ma anche gli accessori e le sciarpe, hanno stemmi applicati o ricamati. Il blasone diventa simbolo di identificazione e di appartenenza al club. In un gioco di contrasti che contraddistingue la collezione e che sembra sottolineare l’inizio di una nuova era per il marchio italiano, le camicie scozzesi d’ispirazione grunge convivono con le felpe tempestate di paillettes colorate, le culotte e i piccoli top in maglia si alternano a lunghi abiti da sera da indossare però con scarpe da ginnastica dal sapore vintage e infine il cardigan si trasforma in miniabito e diventa la nuova uniforme. Una collezione spensierata, fresca e divertente che sicuramente piacerà alle numerose clienti della Franchi che amano sedurre con grazia e stile.
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