Dopo un ventennio trascorso a scolpire il proprio nome nell’Olimpo dei dispensatori di batoste, quelle di qualità, Team Ninja si appresta a fare il suo esordio “current gen only” con Rise of the Ronin, la sua prima avventura open world. Ambientata negli anni tumultuosi tra la fine del periodo Edo e il Rinnovamento Meiji, l’esclusiva PS5 cala i giocatori nelle vesti insanguinate di un guerriero senza nome, destinato ad avere un ruolo chiave nella fine dello shogunato (qui lo speciale di Rise of the Ronin dedicato proprio ai guerri senza padrone). In attesa di assistere alla manifestazione di questo eroico fato, abbiamo passato qualche ora nel mondo di Rise of the Ronin, quanto basta per fornirvi una disamina preliminare del titolo.
La fine di un’epoca
La storia Rise of the Ronin si apre all’alba del periodo Bakumatsu, un’epoca di grandi sconvolgimenti che nel giro di tre lustri vide il repentino crollo dello shogunato Tokugawa, nonché il tramonto della politica isolazionista portata avanti dal governo feudale per oltre due secoli.
In questa affascinante cornice, tornita mescolando eventi storici e fantasiose digressioni, i giocatori sono chiamati a vestire i panni di una delle “Lame velate” dei Kurosu, un piccolo clan della regione di Hokuriku che, stanco del regime vessatorio dello shogun, cominciò segretamente ad addestrare unità di combattenti specializzati nell’assassinio e nello spionaggio, col preciso intento di rovesciare il dominio dei Tokugawa. Venuti a conoscenza di un trattato segreto tra lo shogunato e gli Stati Uniti d’America, gli anziani dei Kusosu decidono dunque di inviare due Lame verso il porto di Yokohama, con l’obiettivo di abbordare le navi nere degli occidentali, rubare i documenti dell’accordo ed eliminare il commodoro Matthew Perry, avanguardia della “diplomazia armata” del presidente Fillmore.
Dopo aver modellato entrambi i personaggi – tramite un editor piuttosto generoso e approfondito – e appreso i rudimenti del combat system, ci troveremo quindi ad assaltare più o meno silenziosamente l’ammiraglia di Perry, seminando morte nel suo ventre ligneo fino all’inevitabile scontro con il commodoro in persona, prontamente salvato da un misterioso quanto possente guerriero noto come il “demone blu”. L’eccezionale abilità di questo feroce figuro costringerà il protagonista a ritirarsi senza bottino né gloria, con l’aggravio di un pesante tributo: il sacrificio della sua “Lama gemella“.
Dopo l’inevitabile ritorsione dello shogunato, il sopravvissuto volterà poi le spalle al suo villaggio in fiamme, spinto dalla ferrea convinzione di poter ancora salvare la sua metà dalle grinfie delle forze straniere. Nel 1858, a cinque anni da questo sanguinoso preambolo, il nostro ronin torna a Yokohama per affondare la sua lama in un crogiolo di dispute e macchinazioni, nel cuore di una stagione di tumulti che vedrà la sua personale ricerca intrecciarsi col le sorti di un paese allo sbando. Senza spendere ulteriori parole sulla trama di Rise of the Ronin, possiamo confermarvi che, in prima battuta, il palcoscenico imbastito da Team Ninja non fatica a trasmettere al giocatore il fascino di un’epoca tanto peculiare quanto intrigante, innescando il suo interesse per un comparto narrativo più articolato rispetto ai canoni delle precedenti opere dello studio, nonché puntellato da snodi decisionali che, stando allo sviluppatore, dovrebbero dare alla storia un assetto più dinamico. Va da sé che al momento non sappiamo quanto determinanti siano, nel concreto, le scelte disposte sul cammino dell’utenza, ma si tratta comunque di una direzione stuzzicante.
In tutta onestà, però, già nelle prime fasi della campagna non abbiamo potuto fare a meno di notare diverse fluttuazioni nella qualità della scrittura, che talvolta ci è parsa platealmente pretestuosa o disarmonica rispetto ai toni di un determinato contesto. A rendere più evidenti questi intoppi c’è anche una localizzazione non sempre puntualissima, accompagnata da un doppiaggio in italiano che mostra flessioni qualitative piuttosto rilevanti.
Più in generale, Rise of the Ronin è chiaramente il progetto più complesso e ambizioso tra quelli portati avanti da Team Ninja nell’ultimo decennio, e non è affatto scontato che lo studio sia riuscito a tarare al meglio ogni aspetto della proposta, specialmente considerando come questa si muova anche al di fuori dell’area di comfort “hardcore” definita con Nioh e Wo Long (qui la recensione di Wo Long Fallen Dynasty).
Per quanto riguarda questo specifico punto, che in genere coincide con la solidità del sistema di combattimento, possiamo tranquillamente confermarvi che le meccaniche marziali di Rise of the Ronin non ci hanno affatto deluso. Tutt’altro in effetti.
Il talento di Team Ninja per le botte
Il combat system di Rise of the Ronin si colloca con convinzione sul percorso evolutivo avviato nel 2017 con Nioh, e approdato lo scorso anno nell’antica Cina con Wo Long: Fallen Dynasty. Di fatto, il nuovo titolo di Team Ninja eredita e rielabora molte delle logiche cardinali dei giochi in questione, adattandole alle necessità di un sistema che spinge i giocatori a mantenersi costantemente attivi in combattimento, inanellando fendenti, tecniche speciali, schivate e contrattacchi.
Questi ultimi (eseguibili con il tasto triangolo) sono a tutti gli effetti dei “parry offensivi” che, se attivati col giusto tempismo, permettono di danneggiare gli avversari e minare progressivamente la saldezza del loro spirito combattivo, aprendo la strada a letali mosse finali. Tenere d’occhio lo stato dell’indicatore Ki, in dotazione sia al protagonista che ai suoi avversari, è ancora una volta un tassello cruciale dell’esperienza guerresca: esaurirlo a suon di colpi rapidi o caricati, schivate e parate può mettere a serio rischio la sopravvivenza del ronin, mentre consumare quello dei nemici è il modo più veloce per seminare morte sui campi di battaglia di Rise of the Ronin. Per velocizzare ulteriormente questa trafila mortifera, i giocatori possono cambiare al volo lo stile in uso per ciascuna arma, dato che ognuno si comporta più o meno bene nel controbattere efficacemente gli assalti effettuati con specifiche armi (lance, sciabole, odachi, ecc.). In base allo stile adottato, cambieranno anche le tecniche marziali associate alle combo tra dorsale destro e tasti frontali: si tratta di mosse più potenti degli assalti base, ideali per massimizzare i danni – a salute e Ki – dopo un contrattacco.
Per ottimizzare le prestazioni battagliere del protagonista, sarà inoltre necessario padroneggiare l’arte del Guizzo di lama, una tecnica (eseguibile premendo R1 dopo un attacco) che permette recuperare una quantità variabile di Ki senza interrompere in maniera netta la nostra mareggiata di batoste. La quota guadagnata dipenderà da un indicatore posto sotto l’icona dell’arma impugnata (come in Nioh, si possono alternare due strumenti da mischia), che crescerà man mano che lorderemo la lama con il sangue degli avversari.
Sebbene in Rise of the Ronin sia possibile adottare strategie più difensive e attendiste, sfruttando la parata (eseguibile con L1) e le schivate, ben presto ci si rende conto come il combat system sia calibrato per assecondare condotte ben più aggressive, che in genere sono anche quelle più premianti. Vale inoltre la pena di precisare che quella appena tratteggiata non è altro che una panoramica, utile a farsi un’idea preliminare sui caratteri di un sistema di combattimento variegato e appagante, che non mancherà di allietare gli estimatori delle produzioni di Team Ninja. Benché si possano fare cose alquanto esaltanti con le meccaniche messe a punto dallo studio, al momento anche questo aspetto non è esente da dubbi o incertezze. Le armi a distanza, quelle da fuoco in particolare, sembrano ad esempio spezzare un po’ gli equilibri dell’ensemble, semplificando fin troppo l’eliminazione degli avversari, complice la loro capacità di garantire l’accesso immediato ad un’esecuzione all’arma bianca.
Sulle stesse note, il sistema di progressione del personaggio ci è parso, almeno nelle battute iniziali, un po’ troppo generoso, tanto da agevolare – e molto – lo svolgimento degli scontri. Escludendo dall’equazione, almeno per il momento, i lineamenti di un modello di gestione dell’equipaggiamento molto vicino a quello di Nioh, abbiamo notato come in Rise of the Ronin sia piuttosto facile accumulare notevoli quantità di esperienza e punti abilità (ottenibili anche con attività secondarie), nel quadro di un sistema che peraltro sembra promuovere la costruzione di build trasversali e aspecifiche.
In buona sostanza, già nelle prime ore ci è capitato di presentarci all’avvio di una missione con un personaggio più “livellato” del dovuto, circostanza che ha in parte banalizzato la contesa con i marrani di turno. D’altronde è la priva volta che Team Ninja mette la propria formula ludica al servizio di un open world propriamente detto, e non possiamo ancora escludere che questa scelta di design abbia avuto un impatto sugli equilibri del gameplay.
In termini puramente strutturali, però, le meccaniche di progressione risultano comunque promettenti, capaci di aggiungere preziosi scampoli di varietà all’offerta, tra bonus statistici, tecniche di combattimento aggiuntive e nuove abilità da utilizzare sia nell’esplorazione che del corso dei dialoghi (menzogna, intimidazione e quant’altro) Per quanto concerne invece l’assetto del mondo e sue le attività, al momento non abbiamo notato particolari deviazioni dagli standard dei più noti open world “quantitativi”, tra collezionabili, pietre miliari e scrigni da scovare, e incarichi secondari che – per la gran parte – richiedono di raggiungere un determinato luogo ed eliminare una quota variabile di malintenzionati.
Al netto degli aspetti contenutistici, che dobbiamo ancora approfondire, va detto che il level design non ci è parso né eccezionalmente raffinato, né particolarmente incline ad offrire ai giocatori alternative al più classico dei massacri in punta di lama. Sia chiaro: Rise of the Ronin permette di adottare una condotta più stealth, ma attualmente sia la composizione degli scenari che l’intelligenza artificiale non sembrano valorizzare più di tanto questo tipo di approccio.
A tal proposito, un altro elemento da tenere in considerazione è la limitatezza delle meccaniche di arrampicata, dato che il protagonista può utilizzare il suo rampino solo su una quantità limitata di appigli e non ha certo l’agilità di uno scalatore provetto come il compianto Ezio Auditore.
Anche l’occhio vuole la sua parte
Se tutti i dubbi finora elencati vanno inquadrati nella cornice critica ancora in divenire, abbozzata a solo una manciata d’ore dall’inizio dell’avventura, è già chiaro che una delle componenti meno entusiasmanti della proposta di Rise of the Ronin è il suo comparto grafico. D’altronde il collettivo nipponico non ha mai compiuto grandi prodezze su questo specifico versante, focalizzandosi più che altro sulla pregevolezza delle proprie ricette ludiche e bilanciando eventuali mancanze tecniche con una solida direzione artistica.
In attesa di verificare la tenuta di quest’ultimo elemento, che per il momento non ci ha ancora conquistati, possiamo però dirvi che l’esordio su PS5 di Team Ninja manifesta chiaramente i punti deboli di un engine con un bel po’ di anni sulle spalle, che fatica a mostrare i muscoli sull’ammiraglia di Sony. Questo non vuol certo dire che Rise of the Ronin sia un titolo esteticamente spiacevole, a maggior ragione visto che in diverse occasioni ci è capitato di fermarci ad osservare scorci particolarmente suggestivi o incappare in sequenze di grande impatto.
È però innegabile che aspetti come l’illuminazione, la modellazione dei personaggi secondari e delle ambientazioni, o le animazioni facciali e corporee (al di fuori dei combattimenti) risultino alquanto datati rispetto agli standard current gen del panorama tripla A. Per quel che concerne invece l’ottimizzazione del titolo, prima di esprimere un qualsiasi giudizio dovremo necessariamente attendere qualche tempo, per valutare adeguatamente l’impatto delle patch distribuite fino alla scadenza dell’embargo finale.
Di contro, l’accompagnamento sonoro concertato da Team Ninja, in perfetta sintonia con i caratteri del contesto narrativo, ha già dato prova del suo valore, che speriamo di poter confermare in sede di recensione. Nel complesso, insomma, Rise of the Ronin manifesta un nucleo ludico dal grande potenziale, posto al centro di un gameplay non privo di fattori di rischio, ma che non vediamo l’ora di spolpare fino al midollo. Speriamo di finire l’avventura sazi e soddisfatti.