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Recensione – Alone in the Dark

Villa Derceto nuovamente pronta ad accoglierci con i suoi oscuri segreti, oltre trentanni dopo luscita del primo gioco della serie Alone in the Dark. Il progetto, che pu vantare la direzione di Mikael Hedberg, autore di apprezzati survival horror quali SOMA e Amnesia: The Dark Descent, nasce con lintento di raccontare una vicenda inedita, rendendo al tempo stesso un giusto omaggio a questa importante saga. Scopriamo insieme come lo studio Pieces Interactive ha svolto questo affascinante, ma non semplice compito!
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Il Gioco

Parlare di Alone in the Dark significa confrontarsi con un pezzo illustre della storia del gaming, anche se questa IP non faceva parlare di s ormai da tempo: in particolare, lunico titolo pubblicato per le nostre Xbox fu lomonimo titolo del 2008 su Xbox 360, che aveva comunque ben poco da spartire con la trilogia originaria uscita per PC nei primi anni 90, a cominciare dallambientazione, collocata ai giorni nostri. Lintento di questo nuovo Alone in the Dark invece proprio quello di recuperare quanto pi possibile i tratti distintivi della saga, re-immaginando le vicende del primo titolo per proporre un survival horror moderno, ma al tempo stesso fedele allo spirito delloriginario Alone in the Dark.

Daltra parte, trentanni nel gaming sono un periodo di tempo enorme, siamo davvero in unaltra era e ci che al tempo era materiale sufficiente per un videogame, oggi non lo pi, nemmeno lontanamente (non un caso che loperazione per certi versi simile condotta per Resident Evil, serie legata a filo doppio con Alone in the Dark, sia partita direttamente dal secondo gioco). In questi casi non basta una remaster e nemmeno un remake: bisogna per forza reinventare e arricchire il gioco originario.

MX Video – Alone in the Dark

Cosa rimane allora del vecchio gioco, in questo nuovo Alone in the Dark ?

Intanto il genere, e non poteva essere altrimenti dato che il primo Alone in the Dark diffusamente considerato come liniziatore del genere survival horror. Aspettatevi quindi da questa riproposizione tutti gli elementi tipici del genere: le fasi di esplorazione, i jump-scare, la necessit di gestire risorse scarse, la presenza di abominevoli creature ed in generale lesperienza di accompagnare il protagonista (anzi, i protagonisti, come diremo tra poco) in una tormentata discesa nellIncubo, fino a giungere forse – ad una redenzione finale.

Si diceva dei protagonisti, al plurale, perch appunto un altro elemento ripreso dal gioco originario la possibilit di scegliere tra due diversi alter-ego: linvestigatore privato Edward Carnby (interpretato da David Harbour, ben noto a tutti i fan della serie Stranger Things) oppure la giovane Emily Hartwood (Jodie Comer), nipote di quel Jeremy Hartwood dalle cui disavventure prendono spunto entrambi i giochi: mentre in quello originario egli si suicida ed il tragico evento d il via alle indagini di Edward/Emily, Hedberg ha invece immaginato un Jeremy ancora vivo, ma affetto da profondi disturbi psichici e che scrivendo alla nipote per metterla in guardia da oscure forze maligne che lo tengono in scacco, prima di scomparire misteriosamente, non fa altro che indurla ad approfondire la questione, assoldando Carnby per darle manforte.

Teatro principale delle indagini la famigerata Villa Derceto, protagonista assoluta nel gioco del 1992, che torna prepotentemente in scena insieme allambientazione originaria, la Lousiana di fine anni 20 del secolo scorso: la differenza principale che il buon Jeremy non pi proprietario della Villa, bens ospite di quella che diventata una casa di cura per persone con problemi mentali, retta dallambiguo (a partire dal nome!) Dottor Gray. Il tema dalla casa stregata naturalmente un classico della letteratura horror e Alone in the Dark sfrutta a dovere le situazioni tipiche del genere: inquietanti corridoi, scantinati bui, stanze misteriose protette da serrature, oggetti bizzarri che (sar solo il potere della suggestione?) improvvisamente acquisiscono unaria sinistra. Se allinizio del gioco si viene guidati nel percorrere i primi passi allinterno della Casa, ben presto lesplorazione diventa libera e parte importante dellesperienza di gioco consiste proprio nellandare alla scoperta dei locali pi o meno celati di questampia dimora: progressivamente si prende familiarit con la disposizione delle stanze e recuperando chiavi ed altri oggetti la casa letteralmente si apre allesplorazione, rivelando percorsi alternativi, scorciatoie e nuovi ambienti.

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Se aggirarsi per le numerose stanze di Villa Derceto tuttora parte importante del gioco, lazione di Alone in the Dark si sposta frequentemente anche altrove, grazie ad un escamotage narrativo (non scendiamo nei dettagli per non rovinare lesperienza di gioco) che catapulta il/la protagonista in vari luoghi: le vie dello storico Quartiere Francese di New Orleans e gli infidi acquitrini del bayou, certo, ma anche numerose location decisamente pi lontane ed inaspettate… chi vorr cimentarsi con il gioco, vedr! Una Villa Derceto che perde la sua centralit assoluta potr far storcere il naso ai pi nostalgici, ma la variet di ambienti e contesti fornisce di contro ottime opportunit per arricchire la trama con una serie di temi di contorno decisamente intriganti. New Orleans fornisce uno spunto quasi obbligato per inserire nel gioco le suggestioni esoteriche della cultura creola, in primis il voodoo, che effettivamente svolge un ruolo importante nella vicenda. Altri luoghi visitati, decisamente pi esotici (come ad esempio la tomba di un faraone egizio!) rappresentano invece un eccellente contesto dove dispiegare elementi sovrannaturali ripresi dallimmaginario delle opere di H.P. Lovecraft, uninfluenza importante gi del gioco originario e senza dubbio mantenuta anche in questa nuova uscita.

Linfluenza di Lovecraft si manifesta non solo nella storyline principale e nei suoi esiti, ma anche negli archi narrativi propri di ciascuno dei due protagonisti. Intanto, va colta loccasione per precisare che le due campagne sono trattate come due canoni separati e paralleli, non siamo di fronte a un approccio del tipo la storia dal punto di vista di… : quando impersoniamo uno dei due protagonisti, laltro fa la sua comparsa occasionale in un ruolo da comprimario, senza che alcuna delle azioni realizzate nel proprio arco narrativo trapelino in questo. Mentre nella prima parte gli snodi della vicenda sono sostanzialmente gli stessi, sia pure con una giusta diversit di approcci e di stati danimo (Carnby l per svolgere un lavoro, Emily preoccupata per le sorti di un congiunto) con larrivo del quarto e penultimo capitolo le due storie divergono in maniera significativa. Cercando di ridurre al minimo il rischio di spoiler, ci limitiamo a dire che il progressivo fondersi del piano della realt con quello onirico far emergere dal subconscio dei protagonisti legami che loro stessi hanno con Villa Derceto, nonch traumatici ricordi di eventi passati, che dovranno essere a loro volta affrontati e superati.

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Non c invece differenza alcuna tra Carnby ed Emily in merito a ci che possono fare: non esistono abilit specifiche, n dotazioni a disposizione soltanto di uno dei due personaggi. Per progredire nello svelare i segreti di Villa Derceto richiesto il ritrovamento di oggetti (ad esempio, sono numerose le chiavi che bisogna recuperare per poter aprire tutte le porte della casa), che a loro volta garantiscono accesso a nuove aree, dove rinvenire nuovi oggetti e documenti. Ci sono alcuni puzzle da risolvere per sbloccare determinate situazioni, ma non sono mai troppo complessi: nella maggioranza dei casi ci viene richiesto di recuperare qualche elemento mancante da un macchinario o illustrazione, per poi eventualmente riorganizzarne le parti disponendo opportunamente i vari frammenti. Vanno sicuramente esaminati con attenzione i documenti che via via si scoprono, perch possono contenere informazioni essenziali per superare ostacoli altrimenti proibitivi, come ad esempio conoscere la combinazione di una cassaforte: il gioco ci aiuta a tenere in ordine un inventario che rapidamente diventa assai corposo archiviando automaticamente, in base allavanzamento raggiunto, tutti gli oggetti che hanno ormai esaurito la loro funzione. Per chi volesse ridurre per quanto possibile limpegno richiesto, il gioco mette a disposizione una serie di aiuti: si va dalla possibilit di evidenziare sulla mappa di gioco i luoghi dove presente un puzzle da risolvere, a quella di ottenere indicazioni pi specifiche circa il passaggio successivo da compiere.

Il gameplay di Alone in the Dark non per soltanto investigazioni e risoluzioni di enigmi, esiste anche una rilevante componente action, che si svolge quasi interamente (con una importantissima eccezione!) nellambito delle nostre escursioni al di fuori di Villa Derceto. In occasione di queste scorribande dovremo infatti vedercela con gruppi di letali creature, incubi partoriti da una qualche realt parallela, da affrontare usando oggetti recuperati sul posto (un remo, una chiave inglese, ecc..) oppure una delle armi da fuoco a nostra disposizione: inizialmente possiamo contare sulla pistola di propriet di Carnby, per poi entrare in possesso nel corso del gioco di un paio di armi pi efficaci. Non bisogna attendersi da queste fasi di shooting un feeling da sparatutto, naturalmente: avere a disposizione unarma non fa di noi una macchina da guerra che semina morte e distruzione al proprio passaggio… pistole e fucili servono quel tanto che basta per tenere a bada le creature che ci minacciano e a questo proposito va detto che in molte occasioni la fuga a gambe levate pu risultare la strategia pi efficace e rapida! Unaltra risorsa utile alla nostra causa sono gli oggetti che possiamo raccogliere e lanciare: possono essere usati sia come corpo contundente da scagliare contro i mostri (in alcuni casi si trovano anche delle utilissime bottiglie molotov non chiediamoci il perch), sia come mezzo per distrarli e riuscire quindi ad attraversare furtivamente un certo punto, evitandoci il combattimento. Queste tecniche stealth, cos come anche la possibilit di combattere allarma bianca, risultano utili anche per non sprecare munizioni, dato che come ogni buon survival horror, Alone in the Dark ci impone un uso giudizioso dei nostri preziosi proiettili, pur non essendo particolarmente avaro da questo punto di vista. Anche per queste sezioni orientate allazione abbiamo la possibilit di configurare la nostra esperienza, scegliendo uno dei tre livelli di difficolt previsti, i quali intervengono sulla quantit di danni inferti e subiti durante i combattimenti: a livello facile un headshot o un paio di colpi ben assestati sono sufficienti per togliere di mezzo gran parte dei nemici.

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Per chiudere il panorama delle configurazioni disponibili, si segnala la presenza di un buon numero di opzioni dedicate al comparto grafico: oltre allormai abituale scelta tra modalit grafica Qualit o Prestazioni (vista la natura del gioco, consiglierei in questo caso di privilegiare la risoluzione), abbiamo la possibilit di intervenire sullampiezza dellangolo visivo, di disattivare laberrazione cromatica nonch di di stabilire la quantit di motion blur applicato. Abbiamo inoltre alcune particolari opzioni per alterare laspetto complessivo del gioco: personalmente mi sono trovato a passare gran parte del mio tempo con attivata la modalit letterbox, che crea due bande nere orizzontali per un effetto cinematografico, anche se la pi particolare senza dubbio quella che consente di utilizzare i modelli dei protagonisti del gioco originario del 1992: un ottimo modo per toccare con mano i passi da gigante compiuti dal medium in questi trentanni!

Amore

Un giusto omaggio

– Lo abbiamo detto: Alone in the Dark non un remaster e non un remake, un omaggio ad una IP che ha un posto donore nella storia del gaming, attraverso una sorta di re-invenzione del gioco capostipite della serie, partendo dai medesimi presupposti. E devo dire che la formula funziona egregiamente. Chi non conosce, o magari non ha mai nemmeno sentito parlare del gioco originale, ha comunque a disposizione un titolo di per s perfettamente giocabile ed apprezzabile in autonomia. Al tempo stesso, per i patiti della cultura e della storia videoludica che ricordano nei dettagli il vecchio titolo, questa nuova incarnazione un vero pozzo di riferimenti, citazioni e divertenti easter-egg. Il simpatico rospo con cui si apre la cinematica iniziale palesemente cita quello del gioco di Infogrames (mi concedo un innocente spoiler: questa volta per fa una brutta fine!) e costituisce una ben precisa dichiarazione d’intenti: appropriarsi rispettosamente di tutto ci che il gioco ha da offrire, per riproporlo in una veste inedita e personale. Cos come gi, tanto per fare un altro esempio, il prologo/demo rilasciato l’anno scorso (e tuttora disponibile) “Grace in the Dark” palesemente si ispirava all’analoga operazione svolta ai tempi con “Jack in The Dark”.

Immersivit convincente

– Per giochi di questo genere la giusta atmosfera davvero importante e da questo punto di vista Alone in the Dark merita senza dubbio un plauso. Che si tratti di un angolo di Casa Derceto, un vicolo di New Orleans o qualche altro luogo decisamente pi esotico, il gioco riesce sempre a creare unatmosfera evocativa, in cui si percepisce linquietante sensazione di minaccia incombente o di una tranquillit solo apparente. Merito di una oculata scelta di location dal sicuro fascino e ricostruite con grande cura, ma anche della scelta di abbandonare la vetusta inquadratura fissa del gioco originario, per passare ad una terza persona abbastanza ravvicinata, efficace e ben gestita, che tende a portarci dentro la situazione di gioco. Anche le fasi pi spaventevoli del gioco funzionano a dovere, grazie ad un sapiente uso di effetti visivi e ad un comparto audio decisamente allaltezza… ho tre parole per voi: Biblioteca di Taroella.

Rigiocabilit

– Sotto alcuni aspetti, Alone in the Dark effettivamente un survival horror vecchio stile. Uno di questi la relativa brevit della campagna (una prima run fatta per bene vi impegner per circa 8 ore) a cui per si accompagna una particolare attenzione alla rigiocabilit. Non solo la campagna naturalmente andrebbe giocata almeno due volte, una per ciascun protagonista, ma la presenza di finali multipli, di cui il gioco peraltro lascia intendere lesistenza senza svelarne i dettagli o come in concreto raggiungerli (ammetto di non essere riuscito ad accedere ai pi nascosti!), spinge a volersi cimentare in una nuova run. Insomma, si tratta del classico gioco che gratificante arrivare a conoscere a menadito, per poterlo poi affrontare pi volte con approcci diversi: ci sono ad esempio due obiettivi legati al concludere il gioco rispettivamente senza usare mai la fiaschetta che ripristina la salute, o compiendo una speed-run in non pi di tre ore, giusto per dare qualche spunto alla nostra fantasia.

Un gran bel cast…

– Una caratteristica inedita e a mio parere assai positiva di questa rivisitazione la coralit della narrazione. Tra pazienti e personale di servizio, Villa Derceto abitata da un folto gruppo di comprimari, tutti ben tratteggiati e dotati di un preciso ruolo nella vicenda, a cominciare naturalmente da quella Grace messa al centro del prologo. A mo’ di (succulenta) ciliegina sulla torta, avere due attori di sicura fama nel ruolo dei protagonisti sicuramente contribuisce a rafforzare questo fattore e a rendere il gioco assai pi riconoscibile.

Odio

…ma un po’ svogliato!

– Devo confessare ahim una certa delusione per il voice acting di David Harbour, attore che apprezzo molto, la cui performance non di rado mi parsa poco calata nella parte, troppo monocorde e priva di intenzione, come se l’attore si fosse trovato davanti a un microfono a registrare una sequenza di frasi scritte su un foglio, ma senza vivere effettivamente le scene ed il contesto. Non sono certo un critico cinematografico, quindi la mia opinione vale quel che vale, ma mi aspettavo una performance pi intensa e rimane invece la sensazione di un’occasione in parte perduta. A proposito: il gioco non ha il doppiaggio in italiano delle parti recitate, mentre possiamo contare su una localizzazione completa di interfaccia e sottotitoli.

Tecnicamente acerbo

– Durante la mia run Alone in the Dark ha mostrato una certa fragilit dell’implementazione, a cui palesemente gioverebbe un’ulteriore ripulita. In generale nulla di grave, piccoli “inciampi” risolvibili, che nondimeno infastidiscono un po’: tra i comportamenti anomali riscontrati, in un paio di occasioni si perduta la capacit di poter utilizzare le armi a disposizione, in altri casi il protagonista rimasto incastrato in qualche elemento dell’ambiente ed inoltre la sensazione che le hitbox relative ai colpi sparati siano non troppo precise. Va segnalato che, purtroppo fuori tempo massimo per questa recensione, appena stato rilasciato un corposo aggiornamento del gioco che mi aspetto abbia decisamente migliorato la situazione: conto di tenervi aggiornati una volta fatte le dovute verifiche.

Una storia poco coinvolgente

– Per quanto le atmosfere in cui il gioco ci immerge siano davvero suggestive, si fa una certa fatica a sviluppare un reale coinvolgimento emotivo con i protagonisti e con lo sviluppo della vicenda. Vuoi per la marcata sovrapposizione di reale e surreale, che rende (volutamente) non facile ricostruire il filo della vicenda, vuoi per uno svolgimento che non mette fin da subito in chiaro la reale “posta in palio”… fatto sta che si avanza nel gioco spinti soprattutto dal senso di sfida nel risolvere gli enigmi e progredire nel dipanare l’intrigo, ma senza mai davvero palpitare per le sorti dei protagonisti.

Salvataggi “a modo suo”

– Un piccolo (e personalissimo) fastidio. Oltre ai salvataggi automatici, possibile creare un salvataggio a propria discrezione, utilizzando uno dei dieci slot a disposizione. Il gioco per pare far comunque riferimento a propri “punti di salvataggio”, per cui spesso al caricamento non ci si ritrova esattamente nel punto in cui si salvato, ma magari due stanze prima, o alla base di una rampa invece che alla sua sommit, e cos via.

Tiriamo le somme

Alone in the Dark un gioco decisamente buono, a cui manca per quel qualcosa in pi per imporsi come un titolo di primissimo piano. Il lavoro di omaggio e recupero della trentennale saga, svolto con competenza e passione, funziona alla grande (i fan del detective Carnby possono benissimo aggiungere almeno mezzo punto alla valutazione), ma considerato di per s il gioco non spicca sotto alcun aspetto: non per la vicenda narrata, n per la grafica, n per l’originalit dei puzzle o per intensit dei combattimenti… fa tutto bene, ma senza riuscire a impressionare da nessun punto di vista. Rimane comunque un titolo interessante, che probabilmente si far ricordare soprattutto per il fascino e la cura delle ambientazioni: raccomandato senza dubbio agli appassionati di survival horror ma anche, non essendo particolarmente impegnativo, a chi volesse avvicinarsi per la prima volta al genere.


7.5




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autore

La sua passione per il gaming nasce nel lontanissimo 1982 con Gorf per Vic-20, ma da quando ha scoperto le “gioie” della caccia agli obiettivi, gioca solo su Xbox. Il suo nemico giurato l’Arretrato, smisurato ed in costante aumento. Maguzzolo per non si arrende: armato di sei console ed un numero sterminato di controller, continua a dare battaglia.