Orlando: «La Liguria cammina su un ghiaccio sottile, Roma deve intervenire. Io candidato? Sono a disposizione»

«La politica espropriata dagli imprenditori». «Un’oligarchia predatoriasi era impossessata della Regione. Temevo che potesse finire così, anche se non mi attendevo un simile sconquasso»«La politica espropriata dagli imprenditori». «Un’oligarchia predatoriasi …

diMarco Imarisio

«La politica espropriata dagli imprenditori». «Un’oligarchia predatoria
si era impossessata della Regione. Temevo che potesse finire così, anche
se non mi attendevo un simile sconquasso»

DAL NOSTRO INVIATO A GENOVA
Andrea Orlando tocca a lei?
«Se vuoi cambiare metodo e passo, non parti dai nomi. Occorre costruire un Comitato di liberazione per la Liguria, in un certo senso. Quindi serve un fronte ancora più largo, con un perimetro ben definito da tutti quelli che vogliono rompere nettamente con questo sistema. La mia non è una formula retorica. Ci credo davvero».

Insisto: si candida a governare la sua regione?
«Bisogna decidere tutti insieme chi può incarnare al meglio questo progetto. Io voglio senz’altro farne parte, anche per questo ho rinunciato a candidarmi alle prossime elezioni europee. Mi metto a disposizione. Verifichiamo quale è la figura che può realizzare il fronte più ampio e coeso».

Adesso cosa succede?
«Questa situazione va sbloccata. Mi rivolgo a Giorgia Meloni e al centrodestra: davvero pensate che una regione che deve utilizzare dieci miliardi di Pnrr e di altre misure per infrastrutture fondamentali, una regione con la sanità al collasso, possa permettersi di avere una giunta zoppa, con i suoi principali attori legittimamente presi dalla necessità di discolparsi?».

Si aspettava uno sconquasso del genere?
«Non in questi termini, se devo essere sincero. Ma era evidente come una oligarchia predatoria, come la definivo da tempo, si fosse impossessata della regione. Temevo che potesse finire così».

Cosa glielo faceva pensare?
«Il modo in cui da troppo tempo venivano prese le decisioni, la promiscuità sempre più esibita tra politica e certa imprenditoria, mi sembravano evidenti segni di una degenerazione del potere in corso. Anche per questo, me lo faccia dire, trovo scandalose le reazioni di chi ora finge di cadere dalle nuvole».

Cosa rimprovera a Giovanni Toti?
«La creazione di una cupola imprenditoriale, politica e burocratica, che al di là dei reati, sui quali non mi esprimo, aveva espropriato i luoghi della decisione politica. In Liguria, il dialogo sociale e istituzionale era ormai ridotto a zero. Esiste solo una forma viziosa di intermediazione tra singoli pezzi di economia, di società, e le istituzioni. Il Consiglio regionale e persino l’Autorità portuale sono stati spogliati delle loro funzioni, sostituiti da riunioni sugli yacht e aperitivi in villa».

Non trova che gli yacht esercitassero un certo fascino anche quando la Liguria era governata dal centrosinistra?
«C’era già un modello di concertazione entrato nella sua fase crepuscolare per i cambiamenti sociali intervenuti nel frattempo. Proprio per questo, nel 2020 facemmo una profonda riflessione sulla necessità di aprire una fase nuova, investendo su un futuro diverso. Allora mi venne rimproverato l’appoggio alla candidatura civica di Ferruccio Sansa. Era invece un segno di discontinuità molto forte, persino sommario, ma che indubbiamente inaugurava un nuovo metodo, accompagnato da un profondo ricambio dei gruppi dirigenti del Pd».

Se il Pd e i suoi alleati avessero vinto, come si sarebbero comportati?
«Senz’altro nessuno di noi si sarebbe messo a fare compravendita di voti con persone in odore di mafia. Scusi la brutalità, ma credo sia una frase dovuta, non una cattiveria. Poi, avremmo costruito nuove dinamiche di partecipazione, perché le decisioni sul futuro di un territorio vanno prese con il massimo di trasparenza e di inclusione possibili. È quel che bisogna fare adesso».

Ammesso e non concesso che le accuse verso Toti vengano provate: come è potuto accadere?
«Non credo a una spiegazione psichiatrica. Il nodo della vicenda è politico. Dopo il successo della sua lista alle Regionali del 2020, Toti vede la possibilità di dare una valenza nazionale al suo progetto. Diventa insofferente delle vicende del “suo” territorio, troppo stretto per la sua ambizione. Demonizza gli avversari. Adotta una logica amico-nemico, con lo stile e il sistema di chi si sente intoccabile. Crea una sua oligarchia, tagliando fuori tutte le parti sociali e istituzionali. Esercita una pressione fortissima sul sistema informativo locale. Più che di perdita della testa, si tratta di una intossicazione da potere».

E dopo?
«Alle elezioni politiche del 2022 prende il due per cento. I presunti alleati del suo schieramento gli hanno fatto terra bruciata intorno. Questo meccanismo così pervasivo di gestione del potere si spiega anche con un’ansia di controllo generata dalla solitudine politica e dal continuo scontro con parti del centrodestra, aggravato dalla crescente insofferenza di Fratelli d’Italia nei suoi confronti».

Non riconosce alcun merito a Toti?
«Il lustro, il glamour e il controllo dei media nascondevano il suo sistema. L’altra faccia della medaglia era una regione per ricchi, dove un malato oncologico è obbligato ad aspettare mesi per una visita, mentre un imprenditore con lo yacht ci mette un attimo a ottenere quel che vuole».

In quanto a fratelli coltelli, il Pd ligure ha fatto scuola.
«Mi pare che la frattura si sia ridotta. Abbiamo imparato dai nostri errori, tutti noi. Temo di più il non detto e le perplessità inespresse. Alla luce del sole, sciogliamo rapidamente i nodi politici e programmatici, scegliamo il nome più idoneo e sosteniamolo con convinzione».

E se invece non si vota?
«La vicenda giudiziaria diventerà ben presto anche economica, creando danni incalcolabili agli abitanti della regione. E così il distacco dei cittadini dalle istituzioni si accentuerà. La Liguria cammina su un giaccio sottile. Spero che a Roma qualcuno lo tenga presente».

10 maggio 2024 ( modifica il 11 maggio 2024 | 08:44)

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