Impersonare Sun Wukong trasmette una sensazione di potenza inusitata. La scimmia possiede un’eleganza ferina quando combatte, sfruttando il suo bastone come se fosse un’estensione degli arti: una danza mortifera tutt’altro che difficile da apprendere, perché la concatenazione dei colpi è intuitiva, le movenze sono ottimamente leggibili, e i tempi di risposta degli attacchi sempre precisi. Non sono certo da meno i suoi nemici, mostruosità appartenenti alla mitologia cinese: li chiamano Yaoguai (come il folklore insegna), sono divisi in differenti ranghi e sanno essere devastanti. Non invincibili, si badi, eppure pericolosi, se approcciati con distrazione. Il compito del Prescelto è quello di fronteggiarli tutti, e sconfiggerli, in un’avventura ispirata all’ormai celeberrimo Viaggio in Occidente. Abbiamo iniziato il cammino di Son Wukong a Los Angeles, in un evento privato organizzato da Game Science, durante il quale per poco più di due ore siamo stati avvinti da una versione di prova che ci ha permesso di esplorare il primo capitolo del gioco (se cercate un altro action rpg interessante, leggete la nostra prova di Phantom Blade Zero). Ve lo diciamo subito, pieni di speranza: se l’edizione definitiva si manterrà sullo stesso livello qualitativo di questo incipit, senza tentennare in termini narrativi o di bilanciamento ludico, Black Myth Wukong sarà travolgente. Ce lo auguriamo davvero.
Combatti, Scimmia!
Una percezione di controllo totale: ecco cosa si avverte di primo acchito nell’impersonare il Re Scimmia. Black Myth non è un’esperienza semplice, ma non ci è parsa mai ingiusta, o con un tasso di sfida tarato troppo verso l’alto in maniera gravosa. È un equilibrio molto ben studiato, che trasmette al giocatore un senso di appagamento genuino. È stimolante, non frustrante. Si cade, in Wukong, ma ci si rialza con la consapevolezza che la prova può essere superata al secondo o al terzo tentativo, mai con troppa pigrizia, mai con troppa solerzia.
Questo senso della misura è dovuto a due fattori primari, connessi alla ragionata intuitività del sistema di combattimento e ai cristallini movimenti dei nemici. La combinazione di attacchi leggeri e pesanti fa del protagonista un guerriero dall’agilità poderosa, velocissimo e scattante, nonché parecchio responsivo: non c’è nulla di troppo elaborato nell’inanellamento dei colpi della Scimmia, tuttavia lo spettro della banalizzazione è esorcizzato dalla necessità di ponderare con attenzione i tempi degli assalti e delle schivate, complice anche l’esaurimento progressivo della stamina.
Inoltre, per quanto i nemici risentano della pesantezza delle bastonate, tanto da accusare letteralmente i contraccolpi, barcollare e interrompere gli assalti, la loro aggressività li rende ostili e a tratti letali, a tal punto da imporci sia di leggere in modo accurato il loro set di animazioni, sia di regolare di conseguenza i passi del nostro ballo di morte, sia – se necessario – di non concludere una combo pur di schivare all’ultimo secondo. Si combatte sempre a distanza ravvicinata in Wukong, senza la possibilità di usare attacchi a lungo raggio, quantomeno nelle prime ore. Dato che il combat system si fonda sullo scontro corpo a corpo, le manovre evasive divengono indispensabili, in assenza di una parata propriamente detta.
Il bastone del protagonista al massimo può roteare per deflettere le frecce avversarie, ma non è in grado di assorbire i colpi. Solo proseguendo nell’avventura sbloccheremo un’abilità capace di “bloccare” i fendenti degli Yaoguai, ma a quanto pare sarà una sorta di potere soggetto a tempi di ricarica, e non una mossa eseguibile in ogni frangente. Ecco perché dovremo, sempre e comunque, scattare di lato in maniera scimmiesca, roteare, saltare e mettere a segno una schivata perfetta per lasciare un’immagine residua di noi stessi, così da mandare in confusione il nemico e approfittarne per percuoterlo vigorosamente. Proprio questo connubio tra facilità di esecuzione e abilità del giocatore permette a Black Myth di infondere la sensazione di potere di cui vi abbiamo parlato in apertura. L’opera di Game Science non sembra voler mai deviare dalla via della dello spettacolo marziale, nemmeno nelle battaglie più tecniche, e per questo introduce in maniera graduale una serie di talenti aggiuntivi, legati al consumo di Mana. Siccome l’energia magica si ricarica riposando agli altari (alias falò), sarà meglio dosare con intelligenza l’uso degli incantesimi. Si tratta di poteri molto suggestivi a vedersi e anche utilissimi negli scontri: efficacia e dinamismo si muovono dunque a braccetto, esempio ulteriore di questo apparente equilibrio ludico che tanto ci è piaciuto. Sottolineiamo “apparente” solo come misura precauzionale, sperando che il resto dell’avventura si mantenga sulla medesima scia delle due ore proemiali. Il primo incantesimo ottenibile è connesso alla categoria Mysticism, e permette di immobilizzare per qualche secondo il bersaglio: la salvifica efficacia di simile potere si muove di pari passo con la sua piacevolezza d’uso, dato che permette di innescare situazioni anche abbastanza buffe, tra cui la paralisi di uno Yaoguai (con annessa espressione ferocissima!) proprio nel bel mezzo di un attacco.
Ci ha salvato più volte da morte certa, lo ammettiamo. Nella demo erano presenti poi altre due categorie di skill magiche: Enhancement, che permette di aumentare l’agilità di Wukong – attivando una sorta di passo furtivo per rendersi momentaneamente invisibili – e Transformation, con la quale la Scimmia guerriera può tramutarsi in un’altra creatura, le cui sembianze sono legate agli Yaoguai sconfitti che in precedenza ne detenevano il potere. La trasformazione consiste in un radicale cambio di personaggio: Wukong modifica aspetto, stazza, velocità di movimenti e abilità per una durata limitata, e può attaccare il nemico con una bestialità inaudita, infliggendogli anche danni elementali. Inoltre, durante il periodo della metamorfosi, il protagonista non subisce danni alla sua barra della salute primaria, e accusa invece i colpi sull’indicatore secondario, che segnala la vitalità residua della mutazione. La sua efficacia è tale che i tempi di ricarica sono molto più lenti di quelli degli altri incantesimi, per ragioni connesse all’equilibrio dell’esperienza.
Sulla carta esiste un altro ramo ancora, che nella versione di prova alla Gamescom 2023 era chiamato Hair Magic e permetteva di evocare sul campo dei duplicati della Scimmia: nelle prime due ore di demo non era però ancora disponibile e quindi crediamo possa essere ottenuto solo più avanti nel corso della progressione (a questo link potete trovare la nostra prova di Black Myth Wukong alla Gamescom 2023). D’altronde – lo ricordiamo – la scorsa build di Colonia era strutturata per proporre quattro momenti differenti del gioco in fasi diverse dell’avventura, mentre a Los Angeles abbiamo testato il Capitolo 1 nella sua forma semi definitiva. A proposito di forme: Wukong consente di ottenere tre posture alternative, ossia Smash, Pillar e Thrust, da sbloccare rispettivamente all’inizio del viaggio, al raggiungimento del livello 5 e poi del livello 20. Considerando i limiti della demo, ci è stato dato modo di ottenere solo le prime due. Una volta apprese, possono essere alternate in ogni frangente, ma la variazione più significativa tra le Form consiste nell’uso dell’attacco pesante.
Ad esempio con la postura Smash si esegue una bastonata di quelle intense, mentre con Pillar la scimmia si posiziona sulla sommità della sua arma per divenire immune agli attacchi bassi. Lo strumento offensivo da usare – a prescindere dalla postura – sarà sempre il bastone di Sun Wukong, dall’aspetto e dall’efficacia personalizzabili. Attualmente, sembra che l’obiettivo sia quello di garantire un costante miglioramento dell’arma tipica del Re Scimmia, offrendo così una sufficiente varietà di mezzi offensivi a partire dall’evoluzione di un solo strumento. Per farvi capire meglio: l’ottenimento di un potenziamento dopo l’annientamento di un boss ci ha dato la facoltà di creare una mazza dalla foggia serpentesca, i cui danni aumentavano, se si battagliava nelle pozze d’acqua. Staremo dunque a vedere quale sarà l’assortimento di armi che Game Science ha preparato per i viaggiatori.
Al netto di un sistema di combattimento assai appagante, l’utilità effettiva delle Form è un dubbio che proprio non riusciamo ancora a dissipare del tutto. Sia a Colonia sia a Los Angeles non abbiamo avvertito la necessità di variare le posture per massimizzare l’efficacia delle combo contro le molteplici tipologie di nemici che si sono opposte al nostro avanzare. Confidiamo quindi che, col prosieguo del cammino di Wukong, l’importanza delle “forme” si faccia via via più concreta. Sulla stessa scia di incertezza si muove anche la progressione nel suo insieme: a parte i soliti e prevedibili benefici dovuti all’incremento permanente di Salute, Mana e Stamina, resta da valutare la diversificazione e l’utilità dei talenti acquisibili negli skill tree che compongono le doti di Wukong, suddivisi non solo in base alle Form, ma anche in macro settori comprendenti le abilità marziali dell’eroe e le sue capacità di sopravvivenza. C’è un bel po’ di voci da acquistare con i Punti Spirito che si guadagnano salendo di livello, ma il loro numero non sembra soverchiante. Che il team abbia anche in questo caso scelto la via dell’equilibrio evitando l’accumulo eccessivo di skill potenzialmente inutili?
L’eroe e i suoi nemici
L’opportunità di provare le ore iniziali di Black Myth ha chiarito alcuni punti fermi della natura della produzione. Mentre la demo di Colonia nel 2023 lasciava intravedere qualche collegamento in più con i lavori di From Software, ora possiamo dirvi con certezza che Wukong non è definibile propriamente soulslike, e condivide con essi solo qualche timido stilema ormai inflazionato, come il riposo agli altari dove risanare il mana, ripristinare la borraccia della salute (non suddivisa in fiaschette, ma indicata da un unico contenitore che si svuota a ogni sorso) e riassegnare i punti Spirito. Il prezzo da pagare è la rinascita dei nemici sconfitti nelle zone circostanti, ma solo quelli di livello base. I più evidenti punti di contatto con i capolavori di Miyazaki si fermano qui, perché Black Myth evita di inseguire altre somiglianze forzate.
Le bellezze dell’Unreal Engine 5Non sappiamo quale fosse la configurazione del PC sul quale abbiamo provato la demo. Abbiamo spulciato però le impostazioni grafiche, e tutte le opzioni (dalle texture all’antialiasing, passando per la qualità dei riflessi) erano impostate al massimo, nello specifico alla voce Cinematic, con DLSS e Frame Generation attivi. Osservandolo a piena potenza, Wukong lascia di stucco, non solo per l’impatto visivo di ambientazioni ed effetti a schermo, ma anche per la resa delle animazioni e delle creature. L’Unreal Engine 5 mostra davvero ciò di cui è capace. Purtroppo non abbiamo la più pallida idea di come Black Myth giri su console…
Quello di Game Science è un action rpg suddiviso in ambientazioni di discreta ampiezza, dove si celano alcuni sentieri secondari, ma con una navigabilità dello scenario poco labirintica, il cui rapporto costi/benefici è molto più permissivo di quello tipico di un “Souls”. La morte non comporta la perdita dei punti esperienza già guadagnati, né la necessità di ritornare sul luogo della dipartita per recuperare le risorse. L’unico malus è rappresentato dal dimezzamento dei punti “Volontà” (Will), una valuta spirituale che serve anche per realizzare nuove componenti di vestiario, dai copricapi ai sandali, passando per tuniche: nei pressi degli altari (distribuiti a quanto pare con una buona frequenza) potremo quindi creare e indossare abiti e accessori che incrementano le statistiche base del guerriero, nonché comprare pozioni per acuire la potenza d’attacco e i medicinali per aumentare la resistenza alle alterazioni, ossia quelle tipiche legate al gelo, al calore, all’elettricità e al veleno. Gli sviluppatori non sembrano intenzionati a offrire agli utenti un gioco di stampo troppo hardcore, tant’è che durante la prova ci è stato suggerito che la struttura del level design prevede la presenza di fiaccole (o – più in generale – di fonti di luce) lungo le aree visitabili, posizionate strategicamente per indicare al giocatore qual è il percorso principale da seguire, senza essere però troppo invasive. L’esplorazione è comunque incentivata dalla presenza di missioni secondarie offerte dagli NPC e da scontri opzionali. C’è in Wukong una grandissima attenzione nella realizzazione degli Yaoguai, tutti divisi in (per ora…) tre ranghi di valore crescente: a quello base segue il livello Elite, al di sopra del quale siede il grado King.
Il motivo di tanta meticolosità risiede nel fatto che la maggior parte delle battaglie di Wukong si affronta contro i boss. I mostri comuni che popolano gli scenari, ossia gli Yaoguai di rango inferiore, sono perlopiù intermezzi brevi e piccole scaramucce, che ci separano dal prossimo grande nemico, sia esso primario oppure opzionale. Per darvi prova del fatto che sia un gioco basato soprattutto sugli scontri con i boss, vi basti sapere che in due ore ne abbiamo scovati – e battuti! – ben sette (e non erano nemmeno tutti quelli presenti nella demo). Ciascuno di essi, oltre a essere concepito con un design da applausi, possedeva moveset e caratteristiche uniche, tali da rendere ogni duello mai identico al precedente. Si sono susseguiti avversari agilissimi e leggiadri, bestie gargantuesche e rabbiose, stregoni che sfruttavano inganni magici, sacerdoti colossali che utilizzavano i loro fedeli come fonte di cura o come bombe di fuoco, e altro ancora che non vogliamo anticiparvi. Nelle battaglie con i boss Black Myth mette dunque in mostra la versatilità, il dinamismo e la precisione del suo combat system, impegnandoci e galvanizzandoci al contempo. È proprio per questo equilibrio tra immediatezza e accuratezza, non del tutto soggetto a vincoli tremendamente sfidanti ma non per questo incline all’eccessiva banalità, che attendiamo con sincera curiosità di scoprire quanto epico riuscirà a rivelarsi il “Viaggio in Occidente” di Sun Wukong.