di Massimo Sideri
Se le societ tech stanno diventando sovrannazionali anche i lavoratori della gig-economy tentano il salto: oggi si fermano in Gran Bretagna, Usa e Canada. La strada fatta dal primo sciopero avvenuto sotto Ramesses III come racconta un papiro a Torino
Questo articolo uscito nella newsletter One More Thing di Massimo Sideri su Scienza, innovazione e tecnologia. Per iscriversi cliccare qui.
Potrebbe essere la prima prova di sciopero “globalizzato” quello organizzato per oggi – non a caso il giorno di San Valentino – dai ciclisti della gig economy. Non certo il primo. Ma appunto la prima volta che un popolo per definizione parcellizzato e informe, messo insieme come in un formicaio solo dalla forza degli algoritmi, si contro-organizzato come intelligenza collettiva per fermarsi insieme in Canada, Stati Uniti e Gran Bretagna. Il primo sciopero dei due mondi.
Non detto che riesca vista l’organizzazione non centralizzata, affidata ai canali di comunicazione sociali. Vedremo oggi. In ogni caso l’esperimento merita di essere osservato, seguito, studiato proprio per la sua formula: le societ ormai sono sovrannazionali? Anche la risposta deve diventarlo. Sembra questo lo schema dietro la mossa odierna. Se oggi poi vorrete festeggiare e non riuscirete ad avere la cena capirete anche che la solidariet tra i lavoratori degli algoritmi si sta diffondendo. Decidete voi se irritarvi o essere solidali.
D’altra parte se temiamo sul serio che l’intelligenza artificiale prender il posto di tante occupazioni intellettuali e dei cosiddetti white collars, i colletti bianchi, allora dovremmo essere solidali perch il campo da gioco lo stesso: diritto delle persone contro predominio degli algoritmi. Sia ben chiaro: non un’alzata di scudi contro gli algoritmi. Si tratta solo di rendere il progresso compatibile con un livello minimo di diritti, come quello alla sicurezza e al giusto compenso.
Gli scioperi hanno una loro storia che potrebbe essere anche rielaborata come un romanzo di formazione della coscienza collettiva.
Si pensi che il primo sciopero di cui c’ traccia documentale quello del 1155 (circa) avanti Cristo, durante il regno di Ramesses III. La fonte un papiro residente proprio nel Museo egizio di Torino detto “papiro dello sciopero” (i papiri sono stati digitalizzati e possono essere visionati qui nel sito del Museo: a questo link trovate il documento in ieratico, il corsivo degli scriba, con numero di inventario Cat. 1880, che d notizia della vicenda. Spesso nel recto, il retro del documento, si raccontavano gli accadimenti di cronaca. Erano una forma di giornale ante-litteram). Lo conferma Christian Greco, egittologo di fama e direttore del Museo egizio pi antico del mondo: Non ricevendo la paga da due mesi gli operai della necropoli che vivevano a Deir el-Medina si rifiutarono di lavorare. Lasciarono la necropoli e incrociarono le braccia. Lo possiamo considerare a tutti gli effetti uno sciopero.
Meraviglia della conoscenza. Altro che ChatGPT. Le informazioni sono come un ago nel pagliaio e l’unico modo per scovare quelle che ci servono studiare. Poi lo studio e la conoscenza possono rendere l’Ai uno strumento formidabile. Ma andiamo avanti.
Il documento dimostra anche che, in effetti, la diffusa convinzione che nell’antico Egitto esistesse solo la condizione di schiavo e schiava errata. Quello di el-Medina – continua Greco – era un villaggio privilegiato perch l vivevano gli artisti e gli artigiani della Valle dei Re. Sappiamo anzi che lavoravano 200 giorni l’anno. E che per il resto del tempo potevano svolgere quella che oggi chiameremmo la libera professione.
Insomma, anche se le condizioni e gli standard non sono confrontabili essendo trascorsi oltre 3 mila anni, vivevano in rapporto al loro tempo meglio dei lavoratori che devono pedalare in qualunque condizione di meteo e insicurezza e che dipendono da un algoritmo e dall’ansia del tic tac dell’orologio. La vita come una clessidra.
Conosciamo anche l’autore del papiro dello sciopero: lo scriba Amunnakh. Il documento entr nella collezione dopo essere stato acquistato da Bernardino Drovetti nel 1824 a Tebe, l’attuale Luxor.
A parte la curiosit del primo sciopero documentato della storia, pi in generale c’ una corrispondenza tra grandi industrie e grandi scioperi. I pi famosi nella storia sono stati:
Lo sciopero del carbone nel 1902 (The Great Anthracite Coal Strike).
Lo sciopero dell’acciaio del 1919 (The Steel Strike).
Lo sciopero delle ferrovie del 1922 (The Railroad Shop Workers Strike).
Lo sciopero del tessile del 1934 (The Textile Workers Strike).
Lo sciopero delle miniere del 1946 (United Mine Workers of America).
Lo sciopero degli algoritmi del 2024 (Gig-economy workers of America, Canada, Uk).
Se ne potrebbero aggiungere tanti altri: nella seconda met dell’Ottocento, negli Stati Uniti, gli scioperi c’erano ma non erano visti bene, come in Europa peraltro. Un caso che va conosciuto quello di Frick, lo stesso della famosa e imperdibile Frick Collection sulla Fifth Avenue a Manhattan, a due passi dalla Collezione Guggenheim. Henry Clay Frick fece fortuna prima prendendo il controllo del mercato del carbone della Pennsylvania e poi come manager di Andrew Carnegie, il re dell’acciaio. Ma quando le condizioni di lavoro diventavano cos selvagge da portare gli operai a protestare una squadra di Frick non perdeva tempo e passava alle armi. La cosa non faceva nemmeno notizia (anche perch i proprietari erano gli uomini pi ricchi e pi potenti d’America e dunque del mondo, allora). Sappiamo che nel grande sciopero del 1892 (Homestead Strike) morirono 8 persone.
Per le ferrovie non era molto diverso: quando qualche proprietario terriero, dove i treni secondo i progetti dovevano passare, non accettava di cedere per pochi soldi il passaggio dal portafoglio alle armi era fulmineo. L’impero dei Vanderbilt si consolid su questa sottile linea che passa tra progresso e proiettili.
Altro sciopero da ricordare: quello dei minatori contro la Thatcher nel 1984-85 da parte dei minatori britannici. Vinse la Lady di Ferro che conquist il suo nomignolo proprio in quella occasione.
Oggi il diritto allo sciopero non in discussione, tranne che per loro, i lavoratori della gig economy, sfruttati in parte dalle societ digitali (con qualche progresso come il salario minimo che stato introdotto a New York) e in parte da noi stessi che vogliamo tutto a portata di app, possibilmente in pochi minuti. Sono comodi, utili ma devono restare invisibili. Ricordano un po’ i robot della pice teatrale di inizio Novecento di Capek, nota e citata perch si deve ad essa il neologismo robot che viene appunto dalla lingua ceca, dove significa schiavit o servit. Nota e citata ma poco letta. Grave errore. Perch nel racconto teatrale R.U.R. che i robot (in realt non ancora meccanici ma biologici, simili ai replicanti di Blade Runner), sfruttati dall’uomo per produrre beni, si organizzarono in sindacati contro l’umanit. E scioperano!
La lettura politica facile: si era consumata da poco la rivoluzione bolscevica. Dunque, una possibile lettura moderna: noi vorremmo utilizzare i ciclisti della gig-economy come i nostri robot personali. Ma loro si stanno ribellando.
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14 febbraio 2024 (modifica il 14 febbraio 2024 | 00:46)
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