Supersex non parla solo di Rocco Siffredi, ma anche del rapporto che abbiamo col sesso

Che Supersex si sarebbe rivelata una serie interessante perché non sarebbe stata banale nell'affrontare l'icona del porno Rocco Siffredi era chiaro fin dall'inizio, semplicemente guardando alle voci protagonista (Alessandro Borghi), produzione (The Apartment …

Negli Anni Settanta, è qualcosa che è capitato a molti. L’eros si è esprimeva in bellissime storie a fumetti firmate da alcuni dei nostri migliori autori (Crepax, Manara). Libri e immagini che i genitori non sempre riuscivano a nascondere agli occhi dei figli curiosi. Ne sono stata testimone. Quel mistero mi si è rivelato esattamente così. Ed è una cosa di cui sono grata.

Attraverso le pagine di un fotoromanzo soft porno e le battute, spesso consolatorie, del fratellastro, Rocco, man mano che cresce, inizia a farsi una sua idea del sesso. Quello a cui appartiene, ma anche e di più la pulsione, la curiosità per l’altro, l’energia che sente innata, che sta sotto e dentro la sua carne, come il sangue, l’ossigeno e tutto il resto delle cose che tengono vive le persone in automatico, senza che ci pensino mentre le sperimentano secondo dopo secondo. 

Quando i bulli lo sottopongono davanti a tutti a un supplizio orrendo come la “tirata” del pisellino, il fratellastro Tommaso lo rassicura (“te lo hanno allungato, da grande sarà enorme”). Quando i due condividono le proprie ambizioni per un futuro radioso e di successo partendo dallo zero e dai dissapori e dalla rabbia in cui vivono e con cui si rapportano, finiscono per ridurre tutto, usando le immagini del più grande, a un “fottere o essere fottuti”, mentre davanti a loro, un toro segue la sua natura e procede alla monta.

Nel passaggio da bambino ad adolescente e poi a giovane uomo, Rocco, complice anche l’allontanamento del suo mito, Tommaso, dalla famiglia, dopo un matrimonio tra giovanissimi con Lucia, la ragazza bella ed emancipata che il paesino arretrato vede come una minaccia all’ordine secolare delle cose, inizia a trovare nel richiamo naturale dell’eros qualcosa che lo fa sentire innanzitutto vivo e presente a se stesso

Crescendo, la scoperta del sesso – che avviene quando, lasciata la scuola, raggiunge il fratellastro in Francia per aiutarlo nel ristorante in cui lavora – corrisponde per lui a sentirsi, a esserci nel presente, un processo naturale, ma che nella miseria in cui è cresciuto, gli regala un’impressione di felicità, di ragione di esistere. Il sesso come la sua vocazione. 

Nella sua vita, il sesso si fa sempre più carne, la propria carne, la propria energia vitale, nel suo caso una super energia vitale. Anzi, come in Supersex, a tutti gli effetti un super potere, qualcosa che è sempre immediato riempimento del vuoto che sente dentro, un vuoto affettivo o di comunicazione che non sa di avere, il mezzo principale per entrare in contatto con l’altro, in un modo di relazionarsi che però si risolve solo in contatti, ma non in relazioni, un atto vitale ma meccanico, che chiede una ricarica continua e finisce ogni volta nella liberazione di quella che i francesi chiamano la petite mort, quell’orgasmo che ti provochi da solo o condividi e che mentre ti fa sentire più percettivo e vivo che mai, ti fa sentire mancare, perché tu possa avere l’impressione pochi istanti dopo di rinascere. Più Rocco si fa strada nel mondo, più il sesso, il farlo, diventa la sua dimensione esistenziale, venendo a coincidere sempre di più col concetto stesso di vivere, con la sua identità. Il proprio pene come passaporto, proprio come faceva John Holmes in un film con Cicciolina. Ed è a questo punto che la prospettiva si sdoppia. Iniziamo a vedere la storia negli occhi di Rocco, ma anche negli occhi delle partner occasionali e delle colleghe di set. E sono sguardi molto diversi.

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