Beatrice Rana, la musica richiede dedizione da artigiani

La bellezza che scaturisce dalla capacità delle mani. Gli artisti della pietra leccese accomunati ai musicisti dalla manualità che crea capolavori. (ANSA)

(di Luciano Fioramonti)
La bellezza che scaturisce dalla
capacità delle mani. Gli artisti della pietra leccese accomunati
ai musicisti dalla manualità che crea capolavori. E’ il tema
pensato da Beatrice Rana per il suo Festival ”Classiche
Forme”, che dal 14 al 21 luglio porterà nel Salento grandi nomi
e talenti emergenti della musica da camera internazionale per
concerti e incontri proposti in luoghi storici e in campo
aperto, nel fascino della natura di una masseria o di un
frantoio ipogeo. Davvero, quindi, la musica richiede una
dedizione da artigiani?’ “Assolutamente sì. E interessante
notare – dice all’ ANSA – che tra la parola artigiano e artista
non c’ è molta differenza. Mi ha sempre affascinato nel mestiere
di musicista quella intelligenza delle mani, non solo appunto la
capacità di modellare il suono ma anche l’ intuito, il potere
creativo delle mani. Da musicista mi rendo conto che molto
spesso l’ ispirazione non viene solo dall’ intelletto e dal
cuore ma anche da ciò che le mani riescono a suggerire. Sono
davvero parte del processo creativo”. La stella internazionale
del pianoforte, fresca del successo riscosso nei giorni nel
debutto con i mitici Berliner nella capitale tedesca, in questi
giorni è stata spettatrice speciale a Mantova per esibizioni
della sorella violoncellista Ludovica nel Festival Trame sonore
che si conclude stasera. La kermesse della città dei Gonzaga e
la settimana di musica nel Salento, come molti altri festival
estivi, con le loro formule irrituali sono la strada per
attirare nuovo pubblico? ”Sicuramente è una possibilità –
osserva – Trame sonore ha una storia più lunga ed è un modello
riuscitissimo di festival di musica da camera in Italia. Con
Classiche Forme quello che cerco di fare è per certi versi molto
simile anche se in modo diverso. Viviamo in un mondo in cui il
pubblico ha la necessità di avvicinarsi anche fisicamente a
quello che accade. Palco e retropalco non sono più così
distanti”. Accorciare la distanza tra gli artisti e gli
spettatori, proporre percorsi nuovi per offrire e gustare
musica, dunque, è il vero obiettivo. ”Far avvicinare il
pubblico in modo non convenzionale alla sala da concerto è molto
importante per cercare di eliminare questa barriera che si è
creata nel tempo. Questo non vuol dire far diventare popolare un
genere che non lo è e che spesso viene considerato in modo
elitario ma renderlo accessibile e inclusivo”. Una esigenza che
Beatrice Rana aveva indicato anche in una sorta di manuale del
perfetto ascoltatore. ”Era una cosa nata per gioco un po’ di
anni fa – risponde sorridendo – . Sono cresciuta in un contesto
familiare musicale ma ho frequentato le stesse scuole dei miei
amici che quando dovevano venirmi a sentire mi chiedevano come
vestirsi, se sarebbero stati all’ altezza, se avrebbero capito
quando applaudire. Questi timori servono solo ad allontanare
dalla musica e appartengono a un rito del concerto che ormai è
cambiato”. In quel decalogo la regola era chiara. ”Non è
importante come vengono vestiti ma che vengano al concerto. E se
a qualcuno va di applaudire tra un movimento e l’ altro è un
buon segno, vuol dire che la musica gli sta piacendo. Molto
meglio di un applauso fiacco alla fine. Bisognerebbe ritrovare
questo entusiasmo autentico per la musica senza le congetture
sociali che si sono andate stratificando nel corso del tempo”.

   
Beatrice, lei si è esibita nelle sale da concerto mondiali più
prestigiose. C’ è un luogo particolare in cui le piacerebbe
portare il suo strumento? Sale da concerto. Luoghi insoliti?
”La musica ha poteri fortissimi in ogni spazio non
convenzionale. Ricordo concerti in ospedali che sono stati
emotivamente molto forti, così come quelli in campo aperto per
gente che abitualmente non frequenta le sale. Il mio sogno è
avvicinare quanto più possibile un pubblico giovane, e quindi di
andare anche nelle scuole, cercando non di imporre la musica ma
di avvicinarla al mondo di tutti i giorni in modo che diventi
una scelta per tutti”. Pochi giorni fa lei è stata la prima
musicista italiana a esibirsi con i Berliner definendolo un
sogno che si avvera. Che cosa ha provato alla fine del concerto?
”Esaltazione allo stato puro ed estrema tristezza che fosse già
finito. Sono quelle date che si aspettano da una vita. Avendo
studiato in Germania sono cresciuta con i loro concerti dal
vivo. E’ stato un enorme arricchimento, un privilegio suonare
con musicisti del genere e sentire la musica in maniera così
intensa”. Nuovi obiettivi’?. ”Sono leccese, non dirò mai
niente per scaramanzia. Come dice il buon Accardo, non essere
superstiziosi porta male”.

   

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